IL DONO DEL VECCHIO RABBINO
Il “Dono del vecchio rabbino” racconta la storia di un monastero in decadenza nel quale vivevano quattro anziani monaci e l’abate i quali erano molto preoccupati per la fine del loro ordine monastico.
Nei boschi intorno al monastero si trovava una capanna usata ogni tanto come eremitaggio da un rabbino.
Dopo anni di preghiere, contemplazioni e meditazioni, il gruppo dei monaci aveva sviluppato una certa sensibilità e percepivano la presenza del rabbino quando era presente nella capanna-eremo.
L’abate, afflitto e addolorato per la situazione difficile del suo monastero decide di chiedere consiglio al rabbino. Egli condivise il dolore dell’abate poiché anche la sinagoga della sua città era frequentata da poche persone.
Discussero sulla mancanza di spiritualità della gente.
Il rabbino non aveva consigli pratici da dare all’abate ma gli disse: “il Messia è tra di voi”
Tornato al monastero l’abate e i quattro monaci si chiesero chi fosse fra loro il Messia. Riflettendo sul fatto che ciascuno di loro potesse esserlo, iniziarono a trattarsi l’uno l’altro con grande rispetto.
I pochi visitatori che si recavano in quel luogo sentivano la particolare atmosfera che si sprigionava dai monaci e cominciarono a ritornarvi con altri amici. Le persone giunsero quindi sempre più numerose in quel posto speciale e così il monastero, grazie al dono del rabbino, riprese ad essere un ordine prosperoso e divenne un centro spirituale. “
Non servono molti commenti e spiegazioni per capire che, solo nel momento in cui i singoli della comunità modificano il modo di guardarsi l’un l’altro e di considerare se stessi adottando il filtro del rispetto reciproco, il monastero rifiorisce.
Il principio del rispetto reciproco può essere applicato a qualsiasi comunità: una famiglia, l’ambiente di lavoro, una confraternita, un’associazione culturale, una chiesa od un quartiere. Il rispetto, base della convivenza civile in una comunità, grande o ristretta che essa sia, pone le fondamenta alla riconciliazione e alla costruzione della pace. Il rispetto è riconoscere l’altro come valore, è accettare la sua presenza ed il bene, reale o potenziale, che egli porta in sé.
Andare oltre l’individualismo della nostra cultura, che pone noi stessi sempre al primo posto, significa iniziare ad arrendersi. L’arrendersi, inteso come abbandono delle proprie maschere e travestimenti, porta ad una trasformazione interiore. Solo quando la propria maschera cade si possono vedere nell’altro la sofferenza, il coraggio, la debolezza e la dignità e può così nascere il rispetto reciproco.
Lasciare le difese abituali, le barriere del risentimento e dei pregiudizi, aiuta a sperimentare l’arrendersi che solo è il vero disarmo. Arrendersi alle nostre tendenze e necessità, diventando così coscienti del flusso e del ritmo della nostra vita, di chi siamo, della nostra evoluzione personale, dei nostri limiti, della nostra capacità di tollerare quelli altrui; questa è la prova di grande saggezza che ognuno deve dare. Essa è uno dei massimi contributi al raggiungimento della pace interiore.
Ma, per mettere a tacere l’attrazione verso ciò che è familiare ed accogliente, così come l’avversione verso ciò che è sconosciuto, bisogna decentralizzare l’ego. Lo strumento fondamentale di questo processo di svuotamento dei preconcetti è l’uso del silenzio.
L’essere disponibili ad arrendersi è l’essenza del fare il voto in se stessi per lasciare spazio al nuovo e raggiungere così una migliore condizione personale e sociale.
Senza dubbio questo cambiamento è estremamente auspicabile e la pace è senz’altro migliore della guerra!
Solo nel modo sopra descritto si possono sperimentare le regole del procedimento di costruzione della pace interiore e quindi della pace collettiva.
Come dice il mistico indiano J. Krishnamurti: ”E’ responsabilità di ciascuno come individuo fare il vuoto in se stesso per raggiungere la pace. Ciascuno di noi è responsabile di ogni guerra e causa dell’aggressività che esiste nella nostra vita, a causa del nostro nazionalismo, del nostro egoismo, delle nostre idee su Dio, dei pregiudizi, dei nostri ideali: tutte cose che ci dividono. Soltanto quando ci renderemo conto non solo sul piano intellettuale, ma concretamente (come proviamo la fame ed il dolore) che siamo tutti responsabili del caos esistente, dell’infelicità diffusa in tutto il mondo perché vi abbiamo contribuito con la nostra vita quotidiana e perché siamo parte integrante di questa società (divenuta ormai mostruosa a causa delle sue divisioni, guerre, turpitudini, brutalità), soltanto allora agiremo. “
(J. Krishnamurti, Libertà dal conosciuto, Astrolabio Roma).
tratto da ”Il Soffio” – maggio 2002
Associazione culturale Armonia
www. yogarmonia.it
vorrei patecipare al prossimo reimbow magari italiano qualcuno mi puo aiutare ???
vi ringrazio ancor prima
un raggio di sole
una notte stellata
un abbraccio ed un sorriso x tutti voi
la vita oltre la morte o la morte oltre la vita?
ANche io vorrei partecipare al prossimo come fare?
volevo anche aggiungere bel sito ;)
SONO VERAMENTE STUPITA DI AVER TROVATO QUELLO CHE CERCAVO!
LA STORIA DE "IL DONO DEL VECCHIO RABBINO" MI SI ADDICE TANTO...HO UN TERRENO, SIAMO IN DUE, GLI ALTRI CE LI SIAMO PERSI STRADA FACENDO, SIAMO PIENI DI RISORSE UMANE, MA NO SAPPIAMO DA DOVE COMINCIARE!!! SAPRESTI DIRMI QUALCOSA?
ciao da dove?
che terreno avete?
io gia vivo in montagna allevo cavalli in calabria.
posso ospitare chiunque voglia cimentarsi in esperienze in natura anche solo per farsi un idea su questo tipo di vita.....
ti ringrazio molto, ma non posso spostarmi da dove mi trovo e siamo abbastanza lontani ed anche io ho dei cavalli e vivo immersa nella Natura.... quali cavalli allevi?
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