Il silenzio è l'eloquenza della sapienza
Samael Aun Weor

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L'ECOLOGIA IN PRATICA
UNO STILE DI VITA NATURALE
PER SE' E PER IL PIANETA
L'ECOLOGIA IN PRATICA
Sono la natura
sono la terra.
i miei occhi sono il cielo,
le mie membra gli alberi.
Sono la roccia,
la profondità dell'acqua,
non sono qui per dominare
la Natura.
Io stesso sono la Natura.

Indiani Hopi

Questa terra é sacra
<b>Questa terra é sacra</b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
ONDE DI CRESCITA INTERIORE
ONDE DI CRESCITA INTERIORE La crisi ecologica - ovvero il principale problema di Gaia - non è l’inquinamento, i rifiuti tossici, il buco nell’ozono o qualcosa del genere. Il principale problema di Gaia è che un numero non sufficiente di esseri umani si è sviluppato ai livelli di coscienza postconvenzionali, planetari e globali in cui sarebbero spinti automaticamente alla cura per il globale comune. E gli esseri umani sviluppano questi livelli postconvenzionali, non imparando la teoria dei sistemi, ma passando attraverso almeno una mezza dozzina delle principali trasformazioni interiori, che vanno dall’egocentrico all’etnocentrico al mondocentrico, punto in cui e non prima, possono risvegliarsi a una profonda e autentica cura per Gaia. La prima cura per la crisi ecologica non consiste nell’imparare che Gaia è la Rete della Vita, per quanto vero ciò sia, ma nel promuovere queste numerose e ardue onde di crescita interiore, nessuna delle quali viene indicata dalla maggior parte di questi approcci del nuovo paradigma.
Continua... 
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE
UN'ALTRA ITALIA E' POSSIBILE 1 L’Italia vive l’anomalia di un nuovo Medioevo. Più che in altri paesi, è visibile in Italia l’emergenza ecologica, il degrado sociale e la crisi di fondamentali valori etici; permangono aree vaste di ignoranza, incapacità, ingiustizia. Meno facilmente che altri paesi, l’Italia quindi può affrontare la conversione ecologica delle attività economiche, il risanamento ambientale e morale del paese, la partecipazione diretta delle persone alla attività sociale ed una effettiva realizzazione di una sana cultura dei diritti e dei doveri che dovrebbero regolare ed ispirare la vita sociale collettiva. 2 Sia in Europa che nel resto del pianeta, vi è una tripla crisi :a) economica e finanziaria (causata da un modello di crescita superato) b) ambientale conseguente, c) socio-culturale. Tre grandi crisi che non trovano più risposte adeguate dal sistema della politica: non dai partiti socialdemocratici in crisi dappertutto e neppure dall’egoismo sociale e dall’indifferenza ambientale dei vari partiti conservatori. Solo un modello sociale e produttivo eco-orientato ed eco-sostenibile, che all’idea di una crescita senza limiti sostituisca un idea di sobrietà, che non escluda anche l’utilità di avere aree di decrescita virtuosa e felice, può essere in grado di affrontare le difficoltà del presente. ...Continua...
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO
IL BENESSERE ANIMALE E' BENESSERE UMANO di Maneka Gandhi

Mangiare carne è una delle maggiori cause della distruzione ambientale. Ogni specie non solo ha il diritto di vivere, ma la sua vita è essenziale per il benessere dell’umanità. Ciò che chiamiamo sviluppo, cioè la sterile città nella quale portiamo i nostri cani al guinzaglio, non è vita. Ci abituiamo così velocemente al malessere, alla tensione, alle carestie e alle alluvioni che pensiamo che i pezzi di carta che teniamo in tasca possano sostituire un corpo sano e una mente gioiosa. Scegliamo di non sapere che, praticamente tutte le nostre malattie sono causate dalla mutilazione e dall’uccisione di animali: dai 70.000 acri di foresta pluviale del Sudamerica abbattuti ogni giorno – che in gran parte servono per far pascolare il bestiame – fino al virus Ebola, proveniente dalle scimmie strappate dal loro habitat naturale in Africa allo scopo di fare esperimenti. Abbiamo ottenuto più cibo uccidendo i lombrichi con le nostre sostanze chimiche o abbiamo ottenuto più malattie? Abbiamo ottenuto una salute vigorosa allevando forzatamente bestiame per il latte e la carne, o abbiamo piuttosto ottenuto emissioni di gas metano che hanno contribuito enormemente all’effetto serra, mettendo in pericolo la vita del pianeta? Continua...

LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE
LA RIVOLUZIONE AMBIENTALE

di Lester Brown

Per creare una economia sostenibile bisognerà sostenere una rivoluzione ambientale, come è avvenuto per quella agricola e industriale. Alla fine del libro Piccolo è bello, Schumacher parla di una società che violenta la natura e danneggia gli esseri umani e, da quando queste parole sono state scritte, diciotto anni fa, abbiamo potuto vedere con maggiore evidenza i modi con i quali la nostra società agisce proprio in quella direzione.Mi trovavo all’aeroporto di Dulles e presi una copia del US News and World Report, che conteneva un editoriale di David Gergen, un alto funzionario dell’Ufficio Stampa di Reagan alla Casa Bianca. L’articolo descriveva quello che stava accadendo oggi alla società americana e l’autore affermava che, in un certo senso, abbiamo perso la strada. Continua...

RISPETTA LA (TUA) NATURA
<b>RISPETTA LA (TUA) NATURA </b> Michele Vignodelli

Il nostro corpo e la nostra mente sono meraviglie naturali in pericolo, da difendere come le foreste, i fiumi, il mare e le montagne. Sono continuamente aggrediti dal sistema tecnologico ed economico che ci governa, proprio come il resto del mondo naturale.
Non potremo mai rispettare e vivere veramente la suprema bellezza e armonia della natura esterna se non cominciamo da noi stessi. Eppure esiste una spaventosa ignoranza sulla nostra natura interna, che fa pensare a una congiura del silenzio.
Negli ultimi anni sono emerse abbondanti prove dell’esistenza di
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RICORDO DI IVAN ILLICH
RICORDO DI IVAN ILLICH


di Giannozzo Pucci *

Il primo libro di Illich, pubblicato alla fine degli anni '60, riguarda appunto la Chiesa nel processo di trasformazione della società moderna (The Church, change and development).
Il secondo, del 1970, intitolato "Celebration of Awareness (Celebrazione della consapevolezza": un appello alla rivoluzione istituzionale), è contro le certezze delle istituzioni che imprigionano l'immaginazione e rendono insensibile il cuore.
Poi, nel 1971, esce "Descolarizzare la società", che è stato al centro del dibattito pedagogico internazionale con la tesi che la scuola produce la paralisi dell'apprendimento e danneggia i ragazzi, educandoli a diventare meri funzionari della macchina sociale moderna. Convinto che il sistema educativo occidentale fosse al collasso sotto il peso della burocrazia, dei dati e del culto del professionalismo, combatteva i diplomi, i certificati, le lauree,
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LA VENDETTA DI GAIA
LA VENDETTA DI GAIA

di James Lovelock

La vendetta di Gaia : assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Per millenni abbiamo vissuto con la strategia del parassita, ai danni dell'organismo vivente che ci ospita. Ora, assediati dall'inquinamento e dalle crescenti anomalie del clima, siamo al punto di non ritorno. Lo sostiene uno scienziato di fama mondiale.
Il parassita e' un essere che vive a spese di un altro organismo. Se ne nutre, cresce, si riproduce e prospera. Eppure, la sua non e' una strategia lungimirante. Le energie dell'organismo ospite diminuiscono giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Finche' un giorno accade l'inevitabile: l'organismo ospite si avvia a una fine certa. E il parassita, senza risorse, e' destinato a scomparire. Questa immagine e' la perfetta metafora della storia della specie umana. A dimostrarlo sono i fatti. Migliaia di anni di occupazione del pianeta hanno provocato distruzione degli habitat, estinzione di molte specie, emissioni record di gas serra in atmosfera e nubi di polveri sottili nell'emisfero nord e sulle metropoli. Un'aggressione prolungata alla quale la Terra ora reagisce innescando una lunga serie di disastri naturali, quali inondazioni e uragani, sempre piu' numerosi e violenti, ed eventi climatici estremi, come estati torride e punte di freddo anomalo. Il pianeta che abitiamo non ha piu' anticorpi per difendersi. E allora attacca.
Lo sostiene a gran voce uno scienziato autorevole e indipendente, James Lovelock, nel suo nuovo libro, The revenge of Gaia (La vendetta di Gaia) in uscita il 2 febbraio in Gran Bretagna! . Il nostro mondo, afferma, potrebbe avere superato il punto d! i non ritorno: la soglia oltre la quale non possiamo fare piu' nulla per evitare che, entro la fine del secolo, i cambiamenti causati dall'attivita' umana distruggano la nostra civilta' Continua....
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ECOLOGIA E POLITICA


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CONVERSIONE ECOLOGICA E CONFLITTO: SI INIZIA A PENSARCI
CONVERSIONE ECOLOGICA E CONFLITTO: SI INIZIA A PENSARCI


di Jacopo Simonetta

Recentemente, l’Università di Pisa ha avviato un interessante progetto di ricerca, chiamato “Ecoesione”.  In sintesi, si tratta di capire quali impatti sociali negativi potrebbero venire da effettive politiche di contrasto al cambiamento climatico per poterli prevenire o, perlomeno, mitigare e gestire, evitando l’esplodere della violenza.
Trovo la cosa molto interessante perché, anche se i pareri su quali provvedimenti siano necessari spesso divergono, tutti concordano che siano indispensabili ed urgenti cambiamenti drastici e rapidi a tutti i livelli ed in tutti i settori.  Ed ogni volta che qualcosa cambia, qualcuno ci guadagna ed altri ci perdono, sempre.  E’ quindi normale che i perdenti si oppongano con tutti i mezzi a loro disposizione e non è neppure detto che abbiano tutti i torti.
Per esempio, i disordini fomentati dai “Gilets Jaunes” hanno finito con l’essere strumentalizzati dall’estrema destra, ma non erano nati per questo e, neppure, sono stati una banale rivolta contro le politiche di contrasto al GW, come qualcuno ha detto.   La rivolta aveva infatti radici profonde nella discriminazione molto francese fra Parigi e “provincia”, nell’impoverimento della piccola borghesia e dei lavoratori, nel venir meno di molti servizi in vaste zone della Francia rurale; per non parlare dell’atteggiamento spesso spocchioso di Macron.   Insomma, il rincaro del prezzo del gasolio è stata la classica “goccia che fa traboccare il vaso” per una massa di persone che già vive in condizioni disagiate e che per le proprie necessità (lavoro, acquisti, scuola, ecc.) dipende interamente da vecchie macchine diesel che non si può permettere di cambiare.
Il progetto dell’Unipi si prefigge esattamente questo: evitare errori di questo genere. Partecipare come “stakeholder” alla riunione di avvio ufficiale del progetto mi ha suggerito tre domande che, credo, sarebbe utile discutere proprio approfittando dello staff d’alto profilo schierato per questo progetto.  Le tre domande che pongo sono queste:  
1 – Crescita o non crescita?  2 – Quanta decrescita e per chi? 3 – Superare il capitalismo?
In rapporto ad ognuna avanzerò alcune osservazioni in tre puntate per ridurre il tedio degli eventuali lettori.   Si tratta di cose ben note, ma che in molte discussioni si tende a dimenticare.
1 – Crescita o decrescita?Konrad Lorenz fece notare che l’uomo odierno è tenuto in scacco da una serie di atteggiamenti mentali profondissimamente radicati in ognuno di noi, forse addirittura a livello genetico.  Atteggiamenti che in passato hanno favorito il successo della nostra specie, ma che nel contesto attuale la stanno invece portando diritta verso il disastro.  Fra questi, dedica un capitolo all’ Amore per la Crescita.  Niente ci da gioia come vedere crescere ciò che si ama: la propria famiglia, il gregge, i libri della biblioteca, il conto in banca, i fiori del giardino e qualunque altra cosa cui teniamo.
In relazione alla crescita economica, a questa atavica passione si aggiunge l’oggettiva esperienza dei vantaggi indiscutibili materiali che questa porta con sé.
Per questo, di solito, i promotori di una qualunque variante di “transizione ecologica” parlano apertamente di “crescita verde” o, perlomeno, lasciano intendere che sia possibile salvare la Biosfera ed il clima, pur rilanciando quella crescita economica che dovrebbe risolvere tutti i nostri problemi.   Siamo sicuri che sia possibile e, se si, che sia compatibile con lo scopo prefissato di fermare la catastrofe ambientale planetaria?  L’argomento ha una valenza politica di primo livello ed è infatti molto dibattuto, spesso trascurando alcuni fattori particolarmente sgradevoli, ancorché noti. Continua...

CONTINUARE IN CIÒ CHE È GIUSTO
CONTINUARE IN CIÒ CHE È GIUSTO

di Giannozzo Pucci

Era una mattina molto calda il 4 luglio 1995, ero in commissione consiliare in un’accesa discussione. Telefonò Tommaso Franci per dirmi che Alex la sera prima non era tornato a casa e lo stavano cercando, avevano scoperto che la mattina era andato dal ferramenta a comperare un cavo d’acciaio di quelli che si usano in auto. Nel pomeriggio arrivò la notizia: lo avevano trovato in un luogo solitario sulla collina di Monteripaldi, appeso a un albicocco: la sua macchina non era lontana e sul sedile alcuni brevi bigliettini, fra i quali “continuate in ciò che era giusto”. Incontrai i contadini che vivevano nella casa più vicina, oltre un avvallamento, a meno di un chilometro dal ritrovamento e mi dissero che i cani avevano continuato ad abbaiare tutta la notte.
Partecipai al funerale alla Badia Fiesolana.
Non molto tempo dopo ci fu un ricordo al Palazzo dei Congressi dove espressi tutto il mio profondo dolore perchè Alex con quel modo di morire lasciava un messaggio di impotenza a continuare a combattere per ciò che era giusto, come se per lui non lo fosse più.
Il mondo dei consumi diffonde una pratica e mentalità suicida non solo perché distrugge la terra e non gliene importa dei figli e delle generazioni successive ma anche perché non dà alla gente delle motivazioni per affrontare i grandi problemi del nostro tempo.
Alcune delle avanguardie più sensibili dei movimenti ecologici in Europa sono state talmente coinvolte nel dramma suicida della società occidentale moderna da farsene soffocare, una volta misurata la propria incapacità a cambiarne il corso: Petra Kelly, André Gorz e Alex Langer. Ma anche Teddy Goldsmith, il fondatore dell’Ecologist, che per primo ha lanciato l’allarme sul cambiamento climatico, quando si è convinto che ormai non c’era più nulla da fare, ha somatizzato il fallimento in un malessere che lo ha portato alla morte senza atti suicidi.
Per Alex c’era forse anche una ragione in più, al di là della sua storia famigliare, che lo ha spinto a seguire il Piccolo Principe di Saint Exupéry, che si fa mordere dalla vipera per tornare in cielo sul suo pianeta. Continua...
CHI HA UCCISO ALEXANDER LANGER? - UNA COMMEMORAZIONE REALE
CHI HA UCCISO ALEXANDER LANGER? - UNA COMMEMORAZIONE REALE

di Maurizio Di Gregorio

Alla vigilia del 3 luglio vado a rileggere cosa scrissi nel 2013 sul suicidio di Alex. Questo scritto che segue è una rielaborazione di quello.
Alex Langer fu un intellettuale ed un politico assai speciale nel panorama italiano.. Altoatesino di nascita visse in prima persona il contrasto etnico italiani/tedeschi in Alto Adige e si adoperò per un superamento di esso negli stessi anni in cui dirigeva la rivista Die Brucke (Il Ponte). Appartenendo alla generazione del ’68 fu in prima fila negli anni di esperienza di Lotta Continua e poi come eco-pacifista fu tra gli ispiratori e i fondatori del Verdi italiani a cui cercò di trasmettere l’insieme di idee, pratiche ed ideali dei Grunen e Alternativen tedeschi. Leader riconosciuto ma non davvero compreso ne seguito, affrontò in prima persona l’orribile vicenda dei genocidi nella ex Jugoslavia degli anni 90 dovendo, per rigore morale alla fine schierarsi, (lui ecopacifista integrale e genuino) a favore di un intervento armato che ponesse uno stop a quel bagno di sangue.
Il 3 luglio 1995 Alexander Langer si suicidò impiccandosi ad un albero di melo o di albicocco della sua casa nella campagna toscana.
Parlare di Alex è un dovere morale. Poichè fu l'unico messaggero tra i mondi in grado di individuare una via di uscita verso il futuro ed illustrare i primi tratti di un ecologismo che oggi si potrebbe chiamare integrale. All’economia, alla politica, alla esistenzialità basata sul conflitto Alex Langer propose una visione di ecologia integrale, una idea di armonia dinamica e partecipata e fu in questo valido profeta ed antesignano di molti altri pensatori successivi tra cui ad esempio Latouche. Non compreso veramente quasi da nessuno aveva affrontato da solo la traversata nel deserto della conoscenza e come, analogamente, a Petra Kelly in Germania si è ritirato, dopo intensa attività, dalla esistenza umana.
Oggi è la ricorrenza del suo suicidio, che anche se fu procurato dalla sua diretta iniziativa, ha certamente molti e vari mandanti anche tra coloro che lo celebrano, falsamente o meno. Lo conobbi brevemente in Umbria, molti anni fa e non ho dimenticato ne quel che faceva ne quel che diceva. Con la fine della sua vita storicamente, si eclissò l'anima dei verdi italiani e la speranza di una evoluzione politica alla tedesca. Di seguito per autogenesi il mandato fu dato al M5Stelle, in via provvisoria e tuttora sotto autenticazione della Storia.
Quel che ne seguirà (alla morte di Alex) sarà il più piccolo e vergognoso partito verde d'Europa, pieno di carrieristi, opportunisti e trasformisti, il tradimento reale della vita e del bell'esempio di Alexander Langer.
E in un contesto più grande avvenne la medesima falsificazione che oggi si chiama PDmenoelle, sindacati collusi, pseudofemminismo di genere, infine, più noto e ancora non compreso pienamente, berlusconismo. Continua...

LA FALSIFICAZIONE DI ECOLOGIA E BENE COMUNE
LA FALSIFICAZIONE DI ECOLOGIA E BENE COMUNE

di Giorgio Nebbia

"Propongo di abolire dal vocabolario la parola sostenibilità e tutti i suoi aggettivi. Dal momento che una società o uno sviluppo sostenibili, secondo la definizione “ufficiale”, è qualcosa che dovrebbe soddisfare i bisogni umani della nostra generazione assicurando uguali opportunità e condizioni materiali ed ecologiche alle generazioni future, di certo nessuno dei casi a cui viene attaccato l’aggettivo sostenibile è davvero sostenibile.
La parola sostenibile negli anni novanta del Novecento è diventata quello che era, negli anni settanta, la parola “ecologia”; quando si è visto che l’ecologia aveva un contenuto sovversivo, invitava a modificare il comportamento degli esseri umani nei confronti del mondo circostante, chiedeva ai governi e ad alle imprese di modificare le loro politiche, le loro merci e i loro affari, allora i potenziali soggetti “disturbati” dalla nuova maniera di vedere il mondo, se ne sono appropriati. Sono così nati i governi ecologici, i detersivi ecologici, le automobili ecologiche, le plastiche ecologiche, eccetera, col loro carico di violenza all’ambiente, di inquinamento, di attentati alla salute umana.
Negli anni ottanta la stessa sorte è toccata all’aggettivo “verde”; quando si è visto che i movimenti e partiti verdi raccoglievano consensi su programmi, altrettanto sovversivi, di modificazioni economiche e di innovazioni tecniche, allora governi e imprese si sono fatti “verdi”; e così sono nati la benzina verde (col suo bravo veleno di benzene e di idrocarburi cancerogeni), i governi verdi, che si oppongono strenuamente all’abolizione delle armi nucleari, le imprese verdi che continuano a scaricare i loro rifiuti tossici dove capita.
Infine è saltata fuori la sostenibilità, ancora più sovversiva, con la sua richiesta di una società che avrebbe dovuto far cessare le azioni che danneggiano l’ambiente e la natura, in relazione alle condizioni di vita non solo dei nostri coinquilini del pianeta terra di oggi, ma anche di quelli che sarebbero venuti sullo stesso pianeta, nella stessa casa, decine e decine di anni dopo di noi, nel futuro.
Nel nome del rispetto delle generazioni future, dell’impegno di assicurare la sostenibilità delle loro condizioni vitali, avrebbero dovuto essere vietati la distruzione delle foreste, l’inquinamento dell’atmosfera e dei mari, l’impoverimento delle riserve agricole e minerari, cioè tutte le azioni che avrebbero potuto lasciare meno acqua, meno cibo, meno fonti energetiche alle persone che vivranno nel 2025, o nel 2050, eccetera. Continua...
 
 
MA CHE SVILUPPO E SVILUPPO !
MA CHE SVILUPPO E SVILUPPO !


di Guido Dalla Casa

Crescita e sviluppo Si sente parlare molto spesso di cambiamento, svolta epocale, green economy, “nuovo modello di sviluppo”, e simili. Ma in realtà non si vuole cambiare niente: infatti in queste espressioni è sottinteso che ogni modifica dovrà avvenire mantenendo ben saldi i principi e i valori della civiltà industriale, che non si vogliono assolutamente toccare. Non si rinuncia mai a quella parola magica: “sviluppo”.
Anni fa, ai tempi della pubblicazione del famoso rapporto del Club di Roma “The Limits to Growth” (1971-72), ci furono diverse polemiche sulla traduzione del vocabolo inglese growth, reso nel titolo italiano come “sviluppo” anziché “crescita”. Comunque in séguito i due termini furono di fatto usati come sinonimi. Da alcuni anni i mezzi di comunicazione (in particolare la TV) usano sempre la parola “crescita”, così fanno capire senza ambiguità che il sistema non propone uno sviluppo spirituale o conoscitivo ma vuole un aumento dei consumi, un aumento del fluire materiale-energetico nel processo produrre-vendere-consumare, con conseguenti rifiuti finali. Cioè vuole far aumentare all’infinito quel maxiprocesso che sostituisce materia inerte a sostanza vivente: città, fabbriche, impianti, macchine, strade, “grandi opere”, al posto di foreste, praterie, paludi, savane, barriere coralline. E’ il processo che sta divorando la Terra e distruggendo la Vita, con la pretesa di rifare il mondo.
Oltre che immorale (non consente una vita degna agli altri esseri senzienti), è anche impossibile, se non per tempi brevissimi, che stanno per scadere. Che cos’è un processo “sostenibile”? E’ un processo “che può durare a tempo indefinito senza alterare in modo apprezzabile il funzionamento (o la Vita) del sistema più grande di cui fa parte”. Il Sistema molto più grande è il Sistema biologico terrestre, o meglio la Terra stessa, cioè l’Organismo di cui facciamo parte. Nessun processo della civiltà industriale rientra in questa definizione di sostenibilità.
Verso nuovi modelli culturali Per manifestare un vero cambiamento, si dovrebbe dire che dobbiamo gestire il transitorio non verso “un nuovo tipo di sviluppo”, ma verso nuovi modelli culturali: sulla Terra ce ne sono stati circa cinquemila. La civiltà industriale deve finire in toto e trascinare nella sua fine tutta l’economia, che sta distruggendo il Complesso degli esseri senzienti e la bellezza del mondo. Forse la fine in toto della civiltà industriale e dell’economia non sarebbe una disgrazia, dato che “lo sviluppo” ha portato con sé anche l’aumento di psicopatie, depressioni, infelicità, disagio sociale. Quindi la fine dello sviluppo economico non va vista come una “rinuncia”. Occorrono modelli con una non-economia, come erano gran parte delle 5000 culture di un tempo, spesso battezzate come “primitive” dall’Occidente, anche se molte erano di matrice “orientale” più che “primitiva”. In realtà la fine della civiltà industriale sarebbe la fine di una forma di pensiero, scambiata ancora una volta per una fine del mondo,datoche nessun modello culturale umano è capace di concepire la propria fine. Ma si può vivere senza i concetti di ricchezza e povertà e anche senza il denaro. Continua...

MA QUALE SVILUPPO E SVILUPPO!

di Guido Dalla Casa

Crescita e sviluppo Si sente parlare molto spesso di cambiamento, svolta epocale, green economy, “nuovo modello di sviluppo”, e simili. Ma in realtà non si vuole cambiare niente: infatti in queste espressioni è sottinteso che ogni modifica dovrà avvenire mantenendo ben saldi i principi e i valori della civiltà industriale, che non si vogliono assolutamente toccare. Non si rinuncia mai a quella parola magica: “sviluppo”.
Anni fa, ai tempi della pubblicazione del famoso rapporto del Club di Roma “The Limits to Growth” (1971-72), ci furono diverse polemiche sulla traduzione del vocabolo inglese growth, reso nel titolo italiano come “sviluppo” anziché “crescita”. Comunque in séguito i due termini furono di fatto usati come sinonimi. Da alcuni anni i mezzi di comunicazione (in particolare la TV) usano sempre la parola “crescita”, così fanno capire senza ambiguità che il sistema non propone uno sviluppo spirituale o conoscitivo ma vuole un aumento dei consumi, un aumento del fluire materiale-energetico nel processo produrre-vendere-consumare, con conseguenti rifiuti finali. Cioè vuole far aumentare all’infinito quel maxiprocesso che sostituisce materia inerte a sostanza vivente: città, fabbriche, impianti, macchine, strade, “grandi opere”, al posto di foreste, praterie, paludi, savane, barriere coralline. E’ il processo che sta divorando la Terra e distruggendo la Vita, con la pretesa di rifare il mondo.
Oltre che immorale (non consente una vita degna agli altri esseri senzienti), è anche impossibile, se non per tempi brevissimi, che stanno per scadere. Che cos’è un processo “sostenibile”? E’ un processo “che può durare a tempo indefinito senza alterare in modo apprezzabile il funzionamento (o la Vita) del sistema più grande di cui fa parte”. Il Sistema molto più grande è il Sistema biologico terrestre, o meglio la Terra stessa, cioè l’Organismo di cui facciamo parte. Nessun processo della civiltà industriale rientra in questa definizione di sostenibilità.
Verso nuovi modelli culturali Per manifestare un vero cambiamento, si dovrebbe dire che dobbiamo gestire il transitorio non verso “un nuovo tipo di sviluppo”, ma verso nuovi modelli culturali: sulla Terra ce ne sono stati circa cinquemila. La civiltà industriale deve finire in toto e trascinare nella sua fine tutta l’economia, che sta distruggendo il Complesso degli esseri senzienti e la bellezza del mondo. Forse la fine in toto della civiltà industriale e dell’economia non sarebbe una disgrazia, dato che “lo sviluppo” ha portato con sé anche l’aumento di psicopatie, depressioni, infelicità, disagio sociale. Quindi la fine dello sviluppo economico non va vista come una “rinuncia”. Occorrono modelli con una non-economia, come erano gran parte delle 5000 culture di un tempo, spesso battezzate come “primitive” dall’Occidente, anche se molte erano di matrice “orientale” più che “primitiva”. In realtà la fine della civiltà industriale sarebbe la fine di una forma di pensiero, scambiata ancora una volta per una fine del mondo, dato che nessun modello culturale umano è capace di concepire la propria fine. Ma si può vivere senza i concetti di ricchezza e povertà e anche senza il denaro. Continua...
MENO MALE CHE GRETA C'E'
MENO MALE CHE GRETA C'E'


di Gianfranco Amendola 

Decreto Clima, doveva essere il pilastro del Green New Deal. Ma di concreto non c’è niente... 
Ci aspetta un 2020 così verde che più verde non si può. La migliore conferma, come apprendiamo dai comunicati del Ministero dell’Ambiente, viene dal “decreto clima” che è appena diventato legge. Un’apoteosi per il ministro “che ha fortemente voluto questa norma per rendere più efficace l’azione di contrasto ai cambiamenti climatici”, riuscendo a far passare “misure urgenti, positive e concrete in tutti i settori considerati vulnerabili ai cambiamenti climatici: acqua, agricoltura, biodiversità, costruzioni ed infrastrutture, energia, preven­zione dei rischi industriali rilevanti, salute umana, suolo ed usi correlati, trasporti”. Insomma, per dirla tutta con legittimo orgoglio, “il primo pilastro del Green New Deal”.
E, infatti, se lo andiamo a leggere vediamo che esordisce subito con “misure urgenti per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria”. Solo che, per adesso, queste misure non ci sono perché dovranno essere stabilite entro 90 giorni con “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, sentiti il ministro della Salute e gli altri ministri interessati, nonché sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano”, che stanzierà anche “le risorse economiche disponibili a legislazione vigente per ciascuna misura con la relativa tempistica attuativa”.
Così come, anche per avere “campagne di informazione e formazione ambientale nelle scuole” dovremo aspettare le proposte che verranno dalle scuole sulla base di un regolamento interministeriale che dovrà determinare “i criteri di presentazione e di selezione dei progetti nonché le modalità di ripartizione e assegnazione del finanziamento” di 2 milioni per i prossimi tre anni. Continua...

CLIMA: I NEGAZIONISTI NON SONO IDIOTI
CLIMA: I NEGAZIONISTI NON SONO IDIOTI


di Massimo Marino

Apparentemente l’iniziativa romana dei sostenitori italiani del negazionismo climatico qui sotto raccontata dall’allegato articolo del quotidiano il manifesto del 18 ottobre fa pensare con eccessiva superficialità ad un “appello degli idioti”. Quando si afferma che non c’è nessuna crisi climatica o addirittura che l’aumento della CO2 è vantaggioso per l’agricoltura e altre genialità del genere per giunta con il contributo in prima linea di un genietto come Gasparri, l’epiteto di “idioti” viene facile. 
Ma non è affatto così: Gasparri non è affatto un idiota visto che fa politica (ben pagato) da quasi 50 anni. Ha avuto decine di incarichi e ruoli: da capo del FUAN (gli universitari della destra dagli anni ’50 a fine secolo) poi a salire ai vertici di più partiti, parlamentare, sottosegretario e ministro e a lato numerosi altri ruoli e incarichi (tutti ben pagati), oggi fedele senatore forzaitalico berlusconiano. 
Non sono affatto idioti scienziati come Zichichi, fisico novantenne esperto di particelle, forse scarsamente preoccupato del destino delle future generazioni ma divulgatore scientifico sul clima ( “Studia Greta,  il 95% dell’evoluzione del  clima è dovuto al sole e il solo 5% è dovuto all’uomo” ). Non sono idioti numerosi esponenti di punta di aziende del settore energetico (spesso pubbliche) tipo Enel, Eni, Agip, Sogin. Tutti in campo da anni o decenni (tutti ben pagati). Ricordo ancora alcuni di costoro che più di 30 anni fa dileggiavano come sciocchi nemici del progresso gli ambientalisti antinucleari sostenendo che il nucleare era perfetto, la fonte più sicura, più pulita e più economica e le rinnovabili erano una favola. Hanno continuato e proseguono tutti, senza alcuna vergogna, una radiosa carriera. Altro che idioti.
Non capendo che questi rappresentano e difendono segmenti della società che con il mantenimento di una società immobile si garantiscono il proprio status, nel mondo della sinistra e degli ambientalisti green e radical, anche del grillismo ecosostenuto, li liquidiamo facilmente come idioti o contaballe o semplicemente come venduti alle multinazionali. Il che in certi casi potrebbe anche essere vero ma non è questo il problema.
Così ci viene facile sguainare la spada immaginando di combattere il nemico e contestare con veemenza le poco affascinanti ragioni dei negazionisti. Che si tratti del tuo barista, del parlamentare leghista, piddino o forzaitalico in un’aula parlamentare, o dell’ingegnere parastatale nel talk show della sera, quasi sdegnati condanniamo il negazionista rivendicando con impegno e qualche superficialità di troppo le ragioni dell’ambiente. Oggi di moda va il Green new deal che ieri si chiamava Green Economy, l’altro ieri Conversione ecologica, e più lontano nel passato Alternativa ecologica o altro. Continua...

COSI' ORA SIAMO GIUNTI A QUESTO?
COSI' ORA SIAMO GIUNTI A QUESTO?

 


di Roger Hallam (Extintion Rebellion)

Le foreste stanno bruciando, le temperature sono alle stelle e le persone stanno morendo. E questo è solo l'inizio. Il silenzio sulla crisi climatica è diventato assordante questa estate, poiché i record di temperatura sono di nuovo rotti in tutto il mondo. Nella teoria della complessità, quando un sistema subisce una pressione crescente, spesso c'è un periodo di calma prima di una "transizione di fase" - quando il sistema si scompone in un nuovo stato. Questa apparente calma sta per rompersi.
Nel Regno Unito la campagna tradizionale ha rivelato ancora una volta in giugno la sua abietta incapacità di influenzare l'establishment politico. A trent'anni da quando gli scienziati ci hanno detto che ci stiamo dirigendo verso il collasso ecologico, se non interveniamo, la maggioranza dei parlamentari laburisti e tory ha votato attraverso il più grande progetto di infrastrutture ad alta intensità di carbonio del Regno Unito - la terza pista dell'aeroporto di Heathrow. Una volta realizzato, essa produrrà più emissioni di carbonio di interi paesi , come Portogallo o Cile. Nessun atto conferma più chiaramente la criminalità patologica della nostra classe politica.
Così siamo arrivati a questo: ribellione!
Questo novembre ci ribelleremo contro il genocidio che i nostri governanti hanno programmato per noi. Andremo a Londra e bloccheremo i trasporti e le infrastrutture governative. Saremo arrestati. Una volta rilasciato lo faremo di nuovo. Per fermarci dovranno imprigionarci. Faremo appello alle persone affinché si levino e si uniscano a noi. Ma se lo fanno non è importante. Ciò che è importante ora è per noi prendere posizione - impegnarsi in una lotta politica diretta, che è appropriata alla crisi che affrontiamo. Dobbiamo dire la verità schietta: stiamo andando verso l'estinzione. Dobbiamo comportarci come se questa verità si fosse già attuta  - dobbiamo ribellarci.
Questo per molti di noi è già una liberazione. Finalmente dopo decenni di e-mailing, donando, marciando: dopo anni di crescente depressione, disperazione e disperazione abbiamo raggiunto questo punto. Non tollereremo più la distruzione di questo splendido pianeta - l'umiliazione di vedere questo crimine di tutti i crimini avvenga anno dopo anno per tutta la vita. Abbiamo deciso di piangere da soli nell'oscurità, non è il modo di affrontare il nostro lancinante dolore per questo orrore. Stiamo andando ad agire e l'azione è l'antidoto alla disperazione. Quando gli ebrei nel ghetto di Varsavia finalmente accettarono la realtà - che sarebbero morti tutti nei campi di concentramento - solo allora si ribellarono. Quasi tutti furono uccisi, ma morirono come dicevano loro - "con onore" piuttosto che come pecore al massacro. Continua...

LA PROTESTA DI EXTINTION REBELLION PARALIZZA LONDRA
LA PROTESTA DI EXTINTION REBELLION PARALIZZA LONDRA


di Leonardo Clausi

Ieri era il quarto giorno di proteste londinesi da parte dell’ala britannica del gruppo internazionale di disobbedienza civile ambientalista Extinction Rebellion. Da lunedì mattina continuano a essere bloccati i principali gangli della città, con occupazione di Parliament Square, Marble Arch, Oxford Circus e Waterloo Bridge e altre imprecisate azioni in programma nei prossimi giorni. Gli attivisti hanno finora interrotto il flusso di donne, uomini e merci che scorre nella capitale bloccando quasi mezzo milione di pendolari attraverso la metropolitana.
SONO ISTRUITI su tutte le ripercussioni del potenziale loro arresto. La tattica è di quella di fornire un’ininterrotta riserva di persone da arrestare fino a saturare ed esaurire le risorse della polizia: una catena di montaggio dell’arresto di probi cittadini per ottenere finalmente di essere considerati a Downing Street. Il tutto mentre navi rosa coperte di graffiti navigano lungo Regent Street, un vecchio camion coperto di slogan si incagliava per traverso su Waterloo Bridge e vari militanti si incollavano – letteralmente, usando il diabolico attak – a vagoni della metropolitana a Canary Wharf, sede staccata della City sul fiume, e perfino davanti all’uscio di casa Corbyn, a Islington (lo stesso Corbyn non ha incontrato i quattro militanti suoi sostenitori, ma ci sarà un incontro ufficiale fra Xr e il partito la settimana prossima).
LA POLIZIA ha cercato di sgomberare Waterloo Bridge ma finora senza successo. Mercoledì notte il presidio manteneva la sua presenza in un’atmosfera piacevolmente familiare con reading di poesia, cucina, sound system, sacchi a pelo in mezzo a balle di fieno, discussioni e incontri sotto lo sguardo rilassato dei poliziotti. Sullo sfondo, umida e sfocata, la mole brutalista del National Theatre dava il benvenuto a un’azione di lotta come se ne vedono di rado in questa città. La polizia sa che non ci sono rischi di violenza e addirittura fraternizza – è successo ieri a Oxford Circus – chiedendo ai dj di mettere questo o quel brano addirittura ballando con i manifestanti. La cosa ha immediatamente provocato la dura reazione del ministro dell’interno Sajid Javid. L’happening carnascialseco è una nota dominante del gruppo e il veicolo principale con cui catturano l’attenzione dei media
QUESTO GLASTONBURY ambientalista, «colorato» proprio perché ideologicamente vago, riflette la compagine di un movimento essenzialmente middle-class, istruito quando non colto, transgenerazionale (anziani e bambini, uomini, donne, Lgbt) e soprattutto, beati loro, «oltre la politica». Le azioni dovrebbero continuare fino al 29 aprile, anche se ovviamente se ne sa poco o nulla per via delle contromisure della polizia e della natura decentralizzata del gruppo. Continua...
SOLO LA RIBELLIONE IMPEDIRA' UNA CATASTROFE ECOLOGICA
SOLO LA RIBELLIONE IMPEDIRA' UNA CATASTROFE ECOLOGICA


di George Monbiot

"Nessuno verrà a salvarci. La disobbedienza civile di massa è essenziale per forzare una risposta politica." "La catastrofe affligge la gente ora che, a differenza di quelli del mondo ricco che possono ancora permettersi di crogiolarsi nella disperazione, é costretta ad agire in modo pratico." 
Se avessimo messo tanto impegno nella prevenzione della catastrofe ambientale, come abbiamo speso per creare scuse per non agire, ora lo avremmo risolto. Ovunque guardo, vedo persone impegnate in furiosi tentativi di respingere la sfida morale che presenta.
La scusa corrente più comune è questa: "Scommetto che i manifestanti hanno i telefoni / andare in vacanza / indossare scarpe di cuoio." In altre parole, non ascolteremo nessuno che non vive nudo in un barile, sussistendo solo su acque torbide.Certo, se stai vivendo nudo in un barile ti licenzieremo anche tu, perché sei uno strambo hippie. Ogni messaggero e ogni messaggio che portano è squalificato per motivi di impurità o purezza.
Mentre la crisi ambientale accelera, e come movimenti di protesta come YouthStrike4Climate e Extinction Rebellion rendono più difficile non vedere ciò che affrontiamo, le persone scoprono mezzi più inventivi per chiudere gli occhi e perdere responsabilità. Alla base di queste scuse c'è una convinzione profondamente radicata che se davvero siamo nei guai, qualcuno da qualche parte verrà in nostro soccorso: "loro" non lo lasceranno accadere. Ma non c'è loro, solo noi.
Anche quando le emittenti coprono questi problemi, evitano accuratamente qualsiasi menzione di potere, parlando di collasso ambientale come se fosse guidato da forze misteriose e passive e proponendo soluzioni microscopiche per vasti problemi strutturali.
La classe politica, come chiunque abbia seguito i suoi progressi negli ultimi tre anni, ora può sicuramente vedere, è caotica, riluttante e, isolatamente, strategicamente incapace di affrontare anche crisi a breve termine, per non parlare di una vasta situazione esistenziale.Tuttavia prevale un'ingenuità diffusa e intenzionale: la convinzione che il voto sia l'unica azione politica necessaria per cambiare un sistema.A meno che non sia accompagnato dal concentrato potere di protesta - articolando richieste precise e creando lo spazio in cui possono crescere nuove fazioni politiche - il voto, pur essendo essenziale, rimane uno strumento ottuso e debole.
I media, con poche eccezioni, sono attivamente ostili. Anche quando le emittenti coprono questi problemi, evitano accuratamente qualsiasi menzione di potere, parlando di collasso ambientale come se fosse guidato da forze misteriose e passive e proponendo soluzioni microscopiche per vasti problemi strutturali. La serie Blue Planet Live della BBC ha esemplificato questa tendenza .
Coloro che governano la nazione e plasmano il discorso pubblico non si possono fidare della conservazione della vita sulla Terra. Non c'è autorità benigna che ci preservi dal male. Nessuno viene a salvarci. Nessuno di noi può legittimamente evitare la chiamata a unirsi per salvare noi stessi.
Vedo la disperazione come un'altra varietà di disconoscimento. Lanciando le mani sulle calamità che un giorno potrebbero affliggerci, le travestiamo e le allontaniamo, convertendo le scelte concrete in un terrore indecifrabile. Potremmo sollevarci dall'agire morale affermando che è già troppo tardi per agire, ma così facendo condanniamo gli altri alla miseria o alla morte. La catastrofe affligge la gente ora che, a differenza di quelli del mondo ricco che possono ancora permettersi di crogiolarsi nella disperazione, è costretta ad agire in modo pratico. Continua....

LA TERRA E' IN UNA SPIRALE MORTALE
SERVONO AZIONI RADICALI

LA TERRA E' IN UNA SPIRALE MORTALE<BR>SERVONO AZIONI RADICALI


di George Monbiot  

Il collasso climatico potrebbe essere rapido e imprevedibile. Non possiamo più permetterci di prendere tempo e sperare che cambiamenti irrilevanti evitino il disastro.
E’ stato un momento di quelli che cambiano la vita. A una conferenza stampa tenuta la settimana scorsa dagli attivisti di Extinction Rebellion, due di noi giornalisti presenti incalzavamo gli organizzatori riguardo alla perseguibilità dei loro obiettivi. Per esempio, avevano affermato che le emissioni di anidride carbonica nel Regno Unito avrebbero dovuto essere azzerate entro il 2025; non sarebbe meglio, chiedevamo, porsi degli obiettivi intermedi?
Una ragazza di nome Lizia Woolf si fece avanti. Non aveva parlato fino a quel momento ma la passione, la disperazione e la rabbia della sua risposta furono assolutamente emozionanti. Che senso ha chiedere a me, una ventenne, cosa affrontare e cosa accettare riguardo al mio futuro e alla mia vita? Questa è un’emergenza. Andiamo incontro a un’estinzione. Quando fate domande come questa come pensate che mi dovrei sentire? Non avevamo risposte.
Obiettivi più modesti potrebbero essere politicamente realistici ma non sono concretamente realistici. Soltanto cambiamenti commisurati alla dimensione della nostra crisi esistenziale hanno una possibilità di scongiurarla. Un realismo disperato, che si ferma ai margini del problema, ci porta dritti al disastro. Non ce ne terrà fuori.
I soggetti pubblici parlano e si comportano come se i cambiamenti climatici fossero lineari e graduali. Ma il sistema terrestre è altamente complesso e i sistemi complessi non rispondono alla pressione in modo lineare. Quando questi sistemi interagiscono (poiché l’atmosfera, gli oceani, le terre emerse e le forme di vita non stanno pacificamente chiusi nelle scatole che ne facilitano lo studio), le loro reazioni al cambiamento diventano altamente imprevedibili. Piccole perturbazioni possono propagarsi in modo incontrollato. Punti critici possono restare invisibili fino a quando non sono stati oltrepassati. Potremmo assistere a cambiamenti di stato così improvvisi e profondi da non poter ipotizzare con sicurezza alcuna continuità. Continua...

CON GRETA THURNBERG ANCHE LA SCIENZA
CON GRETA THURNBERG ANCHE LA SCIENZA


Intervista a Gloria Germani a cura di  Barbara Ciolli

Il 23 marzo 2019 riparte la marcia per il clima con una grande manifestazione a Roma. Stavolta gli organizzatori sono i comitati, le associazioni, i gruppi di attivisti italiani riuniti in un coordinamento: dai No Tav della Val di Susa ai No Grandi Navi di Venezia, agli Studenti per l'ambiente, agli Stop Biocidio della Terra dei fuochi, a tante altre realtà. Ma è ormai la società intera a manifestare per l'ecologia: quasi 1 milione e mezzo di persone hanno partecipato allo sciopero mondiale per il clima del 15 marzo scorso, 150 mila in Italia.
La maggioranza sono adolescenti come Greta Thunberg, l'attivista svedese di 16 anni esplosa come fenomeno mediatico e anche politico se alla politica si torna a dare il significato autentico e originario di polis. Di partecipazione attiva alla casa comune che nella società globale non può che essere la Terra. Dietro i ragazzini che protestano ci sono anche diverse famiglie, impegnate da tempo nei movimenti dal basso che propongono alternative sostenibili a uno sviluppo ormai chiaramente distruttivo. È in questo caso la società, come spesso accade, a mostrarsi più avanti della politica stavolta intesa come partiti e sistemi di potere che si autoconservano.
«È dagli Anni 70 che le ricerche accademiche avvertono che tra il 2010 e il 2020 i parametri dell'attuale sistema di sfruttamento industriale sarebbero saltati. Siamo agli sgoccioli», spiega a Lettera43.it la filosofa Gloria Germani, studiosa del pensiero orientale e portavoce dell'ecologista e allieva di Noam Chomsky, Helena Norberg Hodge. Con lei Germani organizza da anni i convegni sull'Economia della felicità, un movimento per la localizzazione e la decrescita che ha visto riempirsi le sale. Poi è esplosa la protesta di Greta.
DOMANDA. Contesta da tempo le dinamiche del modello di sviluppo occidentale che lei, come filosofa, rimanda a radici profonde. Cosa lo ha reso dominante?
RISPOSTA. L'origine è stata la convinzione che la civiltà occidentale attraverso la scienza cartesiano-newtoniana fosse superiore, più avanzata delle altre. Così, attraverso il colonialismo e l'industrializzazione, l’intero Pianeta sta subendo dei danni enormi. Ha avuto effetti devastanti su una civiltà con tutt'altra tradizione millenaria come l'India, che negli ultimi 25 anni è cambiata completamente.Centinaia di scuole indiane hanno aderito, come in altri 112 Paesi, allo sciopero per il clima. Come ha trovato l'Asia al suo arrivo?
Quando arrivai in India nel 1986, era veramente un altro mondo. L’idea di materia non esisteva, tutto era energia interconnessa e impermanente. Vita e morte erano aspetti di un'unica cosa. Quella orientale è una visione della realtà radicalmente diversa dalla nostra, diversa anche da quella degli antichi greci e i romani che non corrisponde però neanche all'attuale visione occidentale. La crisi climatica è la cartina di tornasole del sistema di vita moderno. Continua...

MA SE NON ORA QUANDO ?
MA SE NON ORA QUANDO ?

di Max Strata

Restano solo 11 anni: la lezione di Greta e il limite da non oltrepassare. Iniziamo dai numeri. Secondo i recenti calcoli effettuati dagli scienziati delle Nazioni Unite, la quantità di gas serra che possiamo ancora immettere in atmosfera per rispettare l’obiettivo degli accordi internazionali di Parigi, ovvero restare entro i 2°c di riscaldamento globale rispetto all'inizio dell'era industriale, verrà superata tra 11 anni.
Agli attuali ritmi di emissione di 50 Gigatonnellate (50 miliardi di tonnellate) all’anno, questo è il tempo che ci resta prima che il raggiungimento di un punto di non ritorno climatico inizi a provocare conseguenze molto serie sull'intero pianeta.
Attenzione, questo non significa che nel 2030 avremo a che fare con l'Apocalisse anche se i processi di evoluzione della chimico-fisica dell'atmosfera possono subire rapide modificazioni a causa di retroazioni che amplificano le deviazioni da uno stato di equilibrio originario.
Quello che è certo, se per l'appunto non avverrà una massiccia riduzione delle emissioni climalteranti, è che da quel momento il processo di riscaldamento e il conseguente caos climatico, subiranno una notevole accelerazione provocando danni estremamente seri in particolar modo sulla produzione agricola e sulla disponibilità di acqua dolce.numeri, a cui affidiamo quotidianamente la nostra esistenza di cittadini del XXI secolo, in questo caso rappresentano un limite fisico che nell'interesse generale non va superato.
Ma, mentre per curare un raffreddore facciamo estrema attenzione nel rispettare con scrupolo il dosaggio del farmaco acquistato in farmacia, non altrettanto facciamo con la terapia che ci è stata prescritta per la ben più grave patologia planetaria che si chiama riscaldamento globale.
Questo dimostra almeno due cose: La prima, che i nostri modelli e meccanismi mentali non sono sufficientemente reattivi di fronte ad una minaccia che non sentiamo come veramente incombente. Si tratta di un riflesso che è stato definito come "l'immagine del ragno" e che si evidenzia con la nostra risposta istintuale quando un grosso aracnide salta sulla teca del vetro in cui stiamo guardando e a cui reagiamo con un salto indietro. Il salto difensivo all'indietro è una acquisizione comportamentale determinata dal nostro percorso evolutivo che però, sfortunatamente, non comprende la percezione di un pericolo che arriva da un futuro non immediatamente prossimo come nel caso del progressivo innalzamento della temperatura del pianeta. Continua...

GRETA E LA RIVOLUZIONE DELLA VERITA
GRETA E LA RIVOLUZIONE DELLA VERITA

di Max Strata

Oggi, a pochi giorni dalla grande mobilitazione globale del 15 marzo 2019, la sedicenne Greta Thumberg è già un'icona, una portavoce, il simbolo di una sollevazione autentica e ribelle, pacifica e colorata ma determinata e, per molti versi, inattesa.
Figlia della cantante d'opera Malena Ernman e dell'attore Svante Thunberg, la caparbia ragazzina svedese ha iniziato la sua singolare protesta davanti al parlamento di Stoccolma dopo l'eccezionale ondata di calore e i devastanti incendi boschivi che lo scorso agosto hanno colpito i paesi scandinavi.
Per settimane, ogni venerdì, utilizzando lo slogan "skolstrejk for klimatet" (sciopero scolastico per il clima) scritto su un semplice cartello, si è posizionata in un angolo dell'accesso al palazzo del Riksdag e lì è rimasta fino a quando qualcuno a iniziato ad accorgersi di lei chiedendole che cosa stesse facendo e perchè.
Da quel momento, questa giovane sensibile e acuta, rompendo coraggiosamente il muro della sindrome di Asperger da cui è affetta, ha cominciato a parlare e con straordinaria fermezza, competenza e proprietà di linguaggio, non si è più fermata.
I giornalisti che per primi le hanno posto qualche domanda hanno immediatamente colto la novità e l'enorme potenzialità di quanto stava accedendo ma certamente non potevano immaginare che le parole e l'atteggiamento di Greta sarebbero divenuti tanto virali. Utilizzando gli hashtags Twitter #Klimatstrejka, #ClimateStrike e #FridaysforFuture, il suo messaggio limpido si è diffuso con una rapidità fuori dal comune coalizzando intorno alla sua figura l'attenzione e il sostegno di un numero sempre maggiore di studenti e di giovani.
Il suo messaggio è chiaro e non deformabile. In primo luogo Greta si rivolge ai suoi coetanei, alla generazione che (se le cose non cambieranno) sarà investita in pieno dalla tragedia planetaria del riscaldamento globale e che sarà martoriata dai devastanti effetti previsti dalla comunità scientifica internazionale. A questa generazione Greta chiede di prendere coscienza, di informarsi e di reagire. In secondo luogo si rivolge agli adulti e ai decisori politici in particolare, ovvero a coloro che non solo sono responsabili delle emissioni climalteranti e della crisi ecologica generalizzata ma che (tranne poche eccezioni) non fanno niente per evitarla. Continua....

APPELLO DI MAURIZIO PALLANTE PER UN NUOVO IMPEGNO ECOLOGISTA
APPELLO DI MAURIZIO PALLANTE PER UN NUOVO IMPEGNO ECOLOGISTA


di Maurizio Pallante

Siamo molto preoccupati per la gravità raggiunta dalla crisi ecologica: 1) le emissioni di gas serra (anidride carbonica e metano) hanno superato le capacità di assorbimento della biosfera, innescando mutamenti climatici di cui abbiamo appena iniziato a subire le conseguenze; 2) il consumo di risorse rinnovabili ha superato le capacità di rigenerazione annua della biosfera: l’overshoot day, il giorno in cui l’umanità arriva a consumare le risorse rinnovabili che il pianeta rigenera nel corso di un anno, è sceso nel 1980 sotto la soglia del 31 dicembre, nel 2000 è stato il 30 settembre, l’8 agosto nel 2016, il 1° agosto nel 2018; 3) il consumo delle risorse non rinnovabili (in particolare le fonti fossili e alcuni metalli) ne ha ridotto drasticamente gli stock scatenando guerre per impadronirsi dei giacimenti residui; 4) le emissioni di sostanze di sintesi chimica non metabolizzabili dalla biosfera generano forme di inquinamento sempre più diffuse: in tutti gli oceani galleggiano masse di poltiglie di plastica grandi come gli Stati Uniti, crescono le quantità dei rifiuti interrati e bruciati, aumenta l’incidenza di malattie mortali causate dalle sostanze tossiche di sintesi utilizzate nei processi industriali e nell’agricoltura; 5) la fertilità dei suoli agricoli e la biodiversità si sono drasticamente ridotte, le popolazioni ittiche si sono dimezzate.
Siamo molto preoccupati altresì dalla crescente disparità nelle opportunità di vita delle persone: 1) la concentrazione di denaro e di ricchezze nelle mani di pochi continua a crescere senza sosta, determinando diseguaglianze sempre più accentuate fra Nord e Sud del mondo, fra ricchi e poveri, fra uomini e donne; 2) il numero di persone che soffrono di fame e/o malnutrizione cronica ha superato gli 800 milioni; 3) guerre, povertà, diritti umani sistematicamente violati e cambiamenti climatici rendono praticamente impossibile una vita appena dignitosa per un numero sempre crescente di essere umani nei loro luoghi di nascita.
Siamo convinti che gli squilibri ambientali, sociali ed economici del pianeta abbiano una matrice comune: quella dei modelli industrialisti e produttivisti, sostenuti da tutti i partiti – di sinistra, di destra e se-dicenti post-ideologici. Le loro proposte di politica economica, industriale e agricola sono finalizzate a rilanciare la crescita del prodotto interno lordo, senza peraltro riuscirci nonostante l’impegno. E se vi riuscissero, ciò comporterebbe un aggravamento di tutti i fattori della crisi ambientale, che non viene tenuta in alcuna considerazione nonostante abbia assunto dimensioni macroscopiche.
Siamo increduli per l’assenza di questi problemi dai programmi di tutte le forze politiche esistenti, che tutt’al più li considerano le conseguenze di comportamenti illegali da reprimere: un impegno lodevole, ma assolutamente inadeguato in relazione alle cause, alle dimensioni e alle misure necessarie per attenuarli. Continua...

RIFLESSIONI SUL TRANSITION NETWORK
RIFLESSIONI SUL TRANSITION NETWORK


di Sarah McAdam, 

Naresh Giangrande, co-fondatore di Transition Town Totnes e Transition Network e, fino a poco tempo fa, il nostro Coordinatore della Formazione, condivide alcune riflessioni personali sull'impatto e il potenziale del movimento della Transizione. Sappiamo che molte persone intorno al nostro movimento stanno attualmente facendo domande simili in questi tempi turbolenti. Naresh offre una prospettiva e siamo ansiosi di creare lo spazio per altre esperienze e punti di vista da condividere come parte di una conversazione ampia e profonda sulla nuova direzione per il movimento di transizione. Ti invitiamo a pubblicare commenti per aiutare a far partire questa conversazione!
La portata e il ritmo di distruzione causati dall'economia mondiale stanno accelerando, nonostante gli sforzi dei movimenti di base per creare cambiamenti e nuove direzioni. In questo momento, non vedo uno scenario realistico per modificare la nostra spaventosa incapacità di catalizzare un cambiamento significativo; è ora che ne abbiamo uno!
La Transizione propone che creando modi migliori di vivere oggi possiamo, attraverso questo processo, creare un domani migliore. Milioni di organizzazioni dal basso, di base e iniziative in tutto il mondo stanno creando il mondo che vogliono, nel luogo dove si trovano, in modi diversi. La transizione fa parte di un ecosistema di cambiamento. Mentre questo ecosistema di cambiamento ha indubbiamente cambiato molti posti in meglio, molti decenni di lavoro di base intenso ed impressionante (oltre 12 anni di Transizione) non hanno modificato la traiettoria della Società di Crescita Industriale verso una cultura rigenerativa. Questo post si chiede perché, se sia addirittura realistico pensare che avrebbe potuto cambiare la traiettoria, e cosa dovrebbe succedere per creare un cambiamento della portata necessaria.
Il processo e la pratica della Transizione possono essere riassunti nelle tre domande di Sophy Banks che i Transizionisti si fanno: 1) Se guardiamo senza paura alle questioni che ci stanno di fronte, cosa vediamo 2) Come potrebbe essere la migliore città / villaggio / città?' Che aspetto avrebbe? 3) Quali cose concrete e pratiche possiamo fare adesso per rendere questa visione una realtà?
Il modello e il processo della Transizione offre ciò che è fondamentalmente progettato per fare: a) Coinvolge le persone in modo stimolante utilizzando ogni nostra capacità creativa. b)Permette a un gran numero di persone di esercitare la propria capacità di agire in modi che fanno la differenza. c)Funziona ad un livello in cui possiamo fare la differenza, cioè localmente. d) Possiamo iniziare a creare il mondo che vogliamo ora.e) Riaccende il benessere della comunità. f)La transizione manifesta, in modi tangibili, il nostro amore per il mondo. Continua...

CHIUDERE UN ILVA O FERMARE UNA TAV
CHIUDERE UN ILVA O FERMARE UNA TAV

di Maurizio di Gregorio

Chiudere l’Ilva di Taranto è ormai un utopia. Eppure la cosa migliore sarebbe proprio chiuderla. Oppure riconvertirla a metano, abolendone il funzionamento a base di carbone – obiettivo tecnicamente possibile ma parecchio costoso.
Fermare la Tav è parecchio più facile eppure sia Lega che opposizioni sia di sinistra che di destra si stanno saldando per impedire al M5stelle di realizzare il suo obiettivo originario.
Dopo la cessione definitiva alla nuova proprietà indiana  e l’intesa con essa per una gestione ambientale più sostenibile dell’impianto siderurgico stesso, - che sarà da verificare nel prossimo futuro -  il vice premier Luigi Di Maio si è liberato da una trappola politica che pareva proprio congegnata per il M5Stelle: dover decidere entro pochi mesi dall’andata al governo delle sorti dell’Ilva e del destino dei suoi lavoratori.
Già in precedenza Beppe Grillo aveva espresso la sua preferenza per una chiusura assistita del polo siderurgico italiano piccolo considerando la sovrapproduzione cinese, e il costo elevato della sua metanizzazione, consigliando addirittura la sua trasformazione in un parco industriale o simile.
Il vicepremier Di Maio avrebbe potuto seguire tale strada ed affrontarne tutte le difficoltà relative oltre che la pioggia infinita di critiche che gli sarebbe giunta, con l’accusa di andare contro le esigenze della crescita economica e del mantenimento dei posti di lavoro.
Anche sul fronte della Tav il M5Stelle si ritrova contro le medesime argomentazioni: l’interesse della crescita economica il mantenimento dei posti di lavoro.
Sull’Ilva Di Maio si è abilmente sottratto al gioco politico in atto e ottenendo il meglio immediatamente raccoglibile si è liberato dal problema per aver più spazio e tempo per uno dei suoi obiettivi principali: il reddito di cittadinanza.
Il reddito di cittadinanza, oltre ad essere un risultato che porrebbe la legislazione sociale italiana in linea con le altre nazioni nordeuropee, dove strumenti simili sono in vigore da 40-50 anni, è un diritto fondamentale di ecologia sociale.  Continua...
I MOVIMENTI ECOLOGISTI
E LA GUERRA CIVILE SUL PIANETA

I MOVIMENTI ECOLOGISTI<BR> E LA GUERRA CIVILE SUL PIANETA

di Massimo Marino

Alcuni appuntamenti di rilievo, almeno per i contenuti quantomai attuali, tutti attinenti alla crescita impossibile ed alla crisi ecologica probabile, si sono svolti di recente nell’arco di pochi giorni. Scarsa eco sui media, troppo impegnati a partecipare alla guerra civile a bassa intensità in corso nel nostro paese ed a difendere le ragioni, poche e difficili da trovare, per salvare i vecchi partiti e la vecchia Europa politica che rischiano di andare a picco, a meno che non si trovino i protagonisti per cambiargli radicalmente i connotati.
A Prato la 18a conferenza “L’Economia della Felicità”  con la presenza di Helena Norberg Hodge, Serge Latouche, e (in video) Vandana Shiva, più una decina di altri relatori e facilitatori nei 7 work shop del primo giorno, hanno riproposto la chiave di lettura “ decrescitista”, filone particolare e punto di vista ormai quasi ventennale nella cultura dell’ecologismo internazionale. Ottima organizzazione, clima  e ambiente gradevole grazie all’impegno di Gloria Germani e altri, e alcuni spunti di rilievo che alla fine riemergono alla luce dovunque ci si giri per chi ha voglia di riflettere, confrontarsi, e magari anche agire. Presenti anche due parlamentari del M5Stelle, unici politici presenti e fruttuosamente partecipanti alla discussione.
Il primo spunto riguarda la centralità sempre maggiore che assume lo strapotere dei media ( carta, tv, rete) nel farsi gendarme, sempre più armato e belligerante, dello status quo. Il tema è delicato e le insidie dietro l’angolo perché a chi denuncia il ruolo servile dei media verso le élite del paese si risponde con l’ipocrita argomento della libertà di stampa.
Interessante la testimonianza di Claudia Benatti, ex giornalista di Repubblica, evasa dal giornale qualche anno fa per riprendere la piena libertà di parola. Negli stessi giorni della conferenza mi aveva colpito il lungo intervento di Travaglio  “ Tutte le balle che scrivono i giornali” (2 ore in video) che analizza una decina di fatti degli ultimi mesi e attraverso la lettura di centinaia di titoli o brani selezionati, svelando l’opera di disinformazione, falsificazione ma soprattutto la volontà di confondere   di una decina di testate italiana (con scarse differenze  fra destri e sinistri). Continua...
DATI 2017: 197 AMBIENTALISTI ASSASSINATI
DATI 2017: 197 AMBIENTALISTI ASSASSINATI


di GreenReport

Nel 2017 un massacro senza sosta di ambientalisti: 197 assassinati nel mondo. Il Paese più pericoloso per i difensori della terra sono la Filippine, il continente l’America Latina. Global Witness e The Guardian hanno pubblicato il nuovo rapporto “The defenders –  197 environmental defenders have been killed in 2017 while protecting their community’s land or natural resources” che rivela  che nel 2017 nel mondo sono stati assassinati 197 ambientalisti che stavano lottando contro governi e imprese che rubano le terre e danneggiano l’ambiente dove vivono comunità indigene e locali e che hanno denunciato le pratiche corruttive e illegali che lo permettono.
Nel 2002 gli omicidi di ambientalisti erano 4 volte di meno.Global Witness sottolinea che «Questi attivisti sono sulla linea del fronte di un campo di battaglia globale. Dalla lotta spietata per la ricchezza naturale in Amazzonia, fino ai guardiaparco che proteggono le riserve naturali della Repubblica democratica del Congo, i volti dei/delle difensori dell’ambiente attraversano continenti, Paesi e regioni. Eppure, le minacce che affrontano sono le stesse». Ben Leather, senior campaigner per Global Witness. ha detto a The Guardian: «La situazione rimane critica. Fino a quando e comunità non saranno davvero coinvolte nelle decisioni sull’uso della loro terra e delle risorse naturali, coloro che parleranno continueranno a subire vessazioni, incarcerazioni e minacce di omicidio».
Il nuovo rapporto presenta tendenze ormai tristemente familiari: nel 2017 il continente più pericoloso per gli ambientalisti e i difensori della terra è stato ancora una volta l’America Latina, il Paese più pericoloso per il Defenders si sono confermate le Filippine  con 41 morti. Continua...

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NULLA DI FATTO ALLA COP24, FALLITO L'INCONTRO SUL CLIMA DI KATOWICE
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