di Guido Dalla Casa
Recentemente si sono rese evidenti alcune gravissime situazioni dell’intero Pianeta: la mostruosa sovrappopolazione umana (quasi 8 miliardi), i rapidi cambiamenti climatici, la crescente estinzione di specie, l’accumulo di rifiuti indistruttibili, il tragico consumo di territorio, la distruzione di foreste e di innumerevoli altri ecosistemi; ho citato solo alcuni problemi fra i più gravi, tutti collegati fra loro. Personalmente, considero quasi-ridicoli coloro che pensano che questi processi possano continuare ancora a lungo. Con questo non intendo fare le lodi del “buon tempo antico”, ma semplicemente dire che qualunque processo deve essere compatibile con il funzionamento (o la Vita) di un Sistema molto più grande, cioè il Sistema naturale (o il Sistema Biologico Terrestre), di cui – che lo vogliamo o no – facciamo parte integralmente, insieme agli altri esseri senzienti, cioè gli altri animali, i vegetali, gli ecosistemi, i torrenti, le montagne.
Un processo si può definire “sostenibile” solo se non altera in modo apprezzabile il funzionamento (o la vita) del sistema più grande di cui fa parte. Quasi nessun processo della civiltà industriale risponde a questa caratteristica.
Se ci pensiamo appena un po’, risulta evidente che la causa prima di tutti i guai sopra citati è la crescita economica, che mette materia inerte al posto di sostanza vivente, consuma “risorse” e produce “rifiuti” ed è quindi assolutamente incompatibile con il Sistema Biologico Terrestre.
Anche per queste evidenze, sono nati da circa due anni alcuni movimenti diversi dalle solite associazioni “ambientaliste” già inglobate nel sistema. Mi riferisco a movimenti spontanei giovanili, come
Fridays For Future ed
Extinction Rebellion che rifiutano le solite espressioni quasi-comiche come
sviluppo sostenibile, green economy, crescita verde, economia circolare, inventate per continuare tutto come prima e dare una verniciata di verde al mondo attuale. Recentemente si è avuto un discreto aumento di interesse per gli argomenti sopra citati, legati all’Ecologia Profonda e ai limiti dello sviluppo. Tale interesse si è evidenziato negli incontri, conferenze, corsi, proiezioni, convegni, dedicati a questi argomenti, oltre che nelle manifestazioni pubbliche: questi incontri sono gli unici luoghi di diffusione, dato che i mezzi di informazione “ufficiali” tagliano inesorabilmente qualunque accenno ad argomenti che mettano in discussione lo sviluppo economico.
Il Covid-19 ha tutta l’aria di essere un tentativo di difesa della Terra per liberarsi dal suo male, cioè dalla crescita economica (arrestando molte attività umane). Però c’è stato anche un effetto importante ma non evidenziato di questa pandemia:
tutte le manifestazioni e gli incontri sopra accennati sono stati di fatto cancellati. Quindi non resta alcun mezzo di diffusione per le voci che non inneggiano allo “sviluppo”, né è possibile alcuna manifestazione di dissenso dal pensiero unico sviluppista. I mezzi di informazione e tutte le forze politiche, industriali, economiche e sindacali inneggiano alla crescita economica e alla globalizzazione come rimedi di ogni male: in pratica, fanno il possibile per riprendere la corsa verso il collasso del sistema terrestre. Come indicatore “della felicità” continuano ad usare il PIL, ormai onnipresente in ogni discorso ufficiale e in ogni mezzo di informazione.
Per quanto riguarda questo esasperante e continuo impiego del PIL come indicatore del cosiddetto benessere, non c’è bisogno di ricorrere al parere di particolari “ambientalisti” per comprenderne l’assurdità.
Basta riportare una parte del noto discorso di
Robert Kennedy presso l’Università del Kansas (1968):
“Quel PIL – se giudichiamo gli USA in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, e i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”
Come noto, chi aveva pronunciato queste parole fu assassinato tre mesi dopo.
Resta solo il dubbio se il fallimento di questo modello culturale risalga a:
- 200 anni fa (civiltà industriale);
- 2-3000 anni fa (Occidente);
- 10.000 anni fa (agricoltura).
Il limite dei diecimila anni si può trovare in questa affermazione riportata dal “
Manifesto per la Terra” del 2004 (di Mosquin e Rowe):
L’esperimento dell’umanità, vecchio di diecimila anni, di adottare un modo di vita a spese della Natura e che ha il suo culmine nella globalizzazione economica, è fallito. La ragione prima di questo fallimento è che abbiamo messo l’importanza della nostra specie al di sopra di tutto il resto. Abbiamo erroneamente considerato la Terra, i suoi ecosistemi e la miriade delle sue parti organiche/inorganiche soltanto come nostre risorse, che hanno valore solo quando servono i nostri bisogni e i nostri desideri. E’ urgente un coraggioso cambiamento di attitudini e attività. Ci sono legioni di diagnosi e prescrizioni per rimettere in salute il rapporto fra l’umanità e la Terra, e qui noi vogliamo enfatizzare quella, forse visionaria, che sembra essenziale per il successo di tutte le altre. Una nuova visione del mondo basata sull’Ecosfera planetaria ci indica la via.
Secondo Serge Latouche:
Noi che siamo qui in questo momento abbiamo il privilegio fantastico di assistere al crollo della civiltà occidentale. Si tratta di un fatto rarissimo, paragonabile alla fine dell'Impero Romano. Con la differenza che questo si è svolto in un arco temporale di 700 anni, mentre il crollo della nostra civiltà si compirà in meno di trent'anni”.
(
www.rassegna.it/articoli/serge-latouche-scommettiamo-sulla-decrescita)
Per uscire da questi guai, dobbiamo avere ben chiaro il posto della nostra specie in Natura, quella di componente di una comunità molto più vasta, e ritrovare il nostro Inconscio Ecologico, quasi cancellato dalla civiltà industriale. C’è già qualche timido segnale di un profondo cambiamento, che proviene dalle conoscenze degli ultimi decenni nei campi di: Fisica quantistica, Dinamica dei Sistemi, Scienze Naturali, Biologia, Studi sulla mente, Ricerche sulla mente animale e vegetale, Ecopsicologia, Politica della Bellezza, e così via.
Anche l’Etica dovrà subire profondi cambiamenti, fino a comprendere tutte le entità naturali, divenire un’Etica della Terra, che non è solo una posizione filosofica, è soprattutto una necessità per mantenere in vita e in salute l’Organismo cui apparteniamo, assieme alle altre specie, agli ecosistemi, all’atmosfera, al mare, ai fiumi, alle montagne.
Guido Dalla Casa
Agosto 2020