Intervista a Mariana Caplan
Cos'è “l'illuminazione”? Di cosa parliamo quando parliamo di maestri, maestre, guru o persone illuminate? Esiste quello stato che nella letteratura spirituale e filosofica viene chiamato “il risveglio” o “l'illuminazione”?
Se fai una piccola inchiesta per la strada, la maggior parte delle persone si immagina una specie di Buddha, un santo o una santa, magari un pazzo che vive in miseria, in un altro mondo, mezzo addormentato (o del tutto) alle emozioni, alle sensazioni, cosa che comunemente si considera un autentico spreco dell'esperienza. Ma comunque, per definizione, si tratta di uno stato di “risveglio” dal sonno dell'ignoranza, d'illuminazione in una vita buia. Saggezza, luce e intensità.
In cosa consiste l'illuminazione?
È un temine che è stato utilizzato troppo e suppongo che per questo ha perso il suo senso. Molta gente si immagina qualcosa di trascendentale, separato o fuori dal mondo. Però, in realtà, le persone illuminate (e non sono molte quelle che ho potuto conoscere) son persone di grande compassione, dedizione, servizio, che utilizzano la propria vita per aiutare gli altri. Anche non necessariamente per aiutarle negli obiettivi più materiali, ma ad essere più felici. Eppure son persone che continuano a scontrarsi con sfide umane (rabbia, dolore, tristezza), solo che hanno imparato ad affrontarle in modo speciale. Con maturità spirituale, che non è lo stessa cosa della maturità umana.
Qualè la differenza?
Nella maturità umana (la crescita personale), io aspiro ad essere una buona persona, a superarmi. Nella crescita spirituale possiamo arrivare a percepire aspetti dello spirito molto profondi. Son realtà che non si possono spiegare completamente solo attraverso la mente, se non ne hai avuto esperienza personale. Per esempio, capisci che la nostra percezione di ciò che è un essere umano è molto limitata, che la realtà umana è molto più grande e profonda. Ti connette con un certo tipo di saggezza (non mentale né intellettuale) che ti permette non solo di godere della vita a un livello più intenso, ma anche di fare un lavoro interiore di trasformazione.
Godere di più della vita? L'immagine della persona illuminata che non sente né soffre è allora un luogo comune?
Bè si: non smetti di sentire ma sviluppi una capacità di sentire più cose: le tue percezioni son molte di più, differenti e intense. Il mondo che ti circonda si trasforma per il semplice fatto che dentro di te ha avuto luogo una trasformazione.
Come si traduce questo nella pratica? Che cosa porta nella vita quotidiana?
Una delle sfide più importanti a cui va incontro l'essere umano nel corso della sua vita consiste nel modo in cui gestire le emozioni. Applicandoti nelle pratiche spirituali, poco a poco impari a gestire questa realtà; a percepire di più e allo stesso tempo a gestire il mondo emozionale che normalmente ti domina. Secondo me, questo è l'apporto più valido, molto maggiore di quello che può darci lo sperimentare “viaggi mistici”, che inizialmente possono avere luogo, ma attenzione, perché si può convertire in una trappola. Io credo che i frutti del cammino spirituale hanno molto a che vedere con la capacità di servire il mondo in modo più sincero piuttosto che con qualsiasi stato di alterazione della coscienza, nonostante possa risultare allettante e piacevole.
Quale dovrebbe essere la motivazione per iniziare una pratica spirituale? Esistono motivazioni egoistiche o sbagliate?
Normalmente al principio le motivazioni non sono molto pure, ma non importa. Solitamente iniziamo una pratica spirituale, qualunque sia, perché vogliamo essere più felici, soffrire meno, avere più potere o essere speciali. Soprattutto perché vogliamo uscire fuori dalla sofferenza. La cosa buona del cammino è che la pratica stessa è intelligente e finisce per mostrarti le vere ragioni. Bisogna solo impegnarsi, con qualsiasi motivazione, rimanendo fedeli ad una pratica concreta (resistendo alla tentazione di spostarsi da una scuola all'altra) e la pratica finirà per trasformarti. Però attenzione, il processo può richiedere anni.
Anche la migliore delle motivazioni, come il servizio al prossimo, può nascondere un impeto di vanità, di desiderio di potere? Come riconoscerlo?
È abbastanza probabile. Se una persona è vanitosa, la vanità apparirà in qualsiasi cosa proverà a fare, inclusa la pratica spirituale; accadrà la stessa cosa se è insicura, egocentrica, felice, despressa, etc. Però non fa niente, il cammino insegna a riconoscere il problema e a lavorarci sopra. In generale, quasi sempre iniziamo in modo ingenuo, insicuro, arrogante. Ascoltiamo i concetti di umiltà, servizio, distacco, etc. e ci sembra di capirli, perlomeno intellettualmente. Però nella pratica vengono fuori insieme a tutte le nostre tendenze personali.
Come si può individuarle e lavorarci sopra?
In primo luogo con coraggio, onestà e umiltà, perché altrimenti non riusciremo a vederle. E, cosa non meno importante, assicurati di poter contare su buoni amici spirituali che ti aiutino, ciò nel buddismo si conosce come la Sangha (la comunità). Ricorderò sempre che nei miei primi anni di pratica (dovevo avere circa 26 anni) condividevo una casa con una monaca di 65 anni, che aveva anni d'esperienza alle spalle e diversi ritiri; per me era una maestra. Alla fine della settimana mi chiese cosa avessi visto di negativo in lei durante la convivenza. Mi sorprese: con i suoi anni e la sua esperienza era ancora aperta alle opinioni di una ragazzi di 26 anni, praticamente appena arrivata. Per fare una domanda del genere bisogna essere coraggiosi e rischiare d'ascoltare cose che probabilmente non ci piaceranno. Però è l'unico modo di affrontarle e di lavorarci.
È così importante l'attenzione e l'autocritica? Non si corre il pericolo di deprimersi?
Certamente. Nel cammino spirituale c'è molto spazio e molte occasioni per le delusioni, perché siamo esseri insicuri e a volte presuntuosi. Però porsi le domande giuste e vivere con esse è molto conveniente. La conoscenza di sé stessi è imprescindibile, e questa richiede molta umiltà e la volontà di chiedere l'opinione di chi ti circonda. Questo è ciò che ti aiuta a restare centrato, perché altrimenti, ci son molte probabilità di perdersi lungo il cammino. A me interessa molto la psicologia e non ho mai abbandonato questo campo di studio, che è stato quello con cui ho iniziato. Credo che la psicologia e la spiritualità siano complementari.
Che differenza c'è tra le esperienze mistiche e l'illuminazione?
Le esperienze mistiche sono stati alterati di coscienza, un'esperienza di connessione con una realtà non materiale e che interpretiamo come sacra, di connessione con Dio o l'Unità o come si vuol chiamarlo. L'illuminazione è uno stato di comprensione delle cose oltre la loro apparenza, un tipo di comprensione che ti trasforma.
Cosa apportano le esperienze mistiche alla vita quotidiana?
Ci risvegliano ad una realtà più grande. Questo tipo di esperienze è quello che normalmente porta la gente al cammino spirituale, che sia per una tragedia personale, la morte di una persona amata, una perdita importante o qualsiasi cosa che risulti così dolorosa da portarci al di là dei confini del dolore e connessi con qualcosa di più profondo. Però ci sono anche altri modi per raggiungere esperienze mistiche: attraverso il sesso, le droghe, etc. La cosa importante è non attaccarsi a queste esperienze. La coscienza si apre e può aiutarci a trovare l'ispirazione, la motivazione. Però l'importante è che quella esperienza ci abbia trasformato. Che ci serva per vivere meglio nella vita quotidiana, per amare meglio e servire meglio.
La pratica, la crescita o l'intelligenza spirituale servono a qualcosa se non servono per agire meglio nella nostra vita quotidiana? Come può una persona “illuminata” o “risvegliata” arrabbiarsi, sentirsi frustrata o deprimersi quando le cose e le persone che la circondano non sono “come dovrebbero essere”?
Perché questa persona non è “illuminata” completamente, è molto raro che accada una cosa del genere. È più facile che si sia “illuminata” una parte; per esempio, che che in realtà le cose sono come son e le emozioni non sono altro che i tuoi desideri (l'allegria quando le coso son come le vuoi e la tristezza di quando non sono così), o la non-dualità, o la vacuità dell'ego, etc. Queste persone possono aver raggiunto una realizzazione o illuminazione, però altre parti della sua intuizione restano oscure, motivo per cui cui continua ad arrabbiarsi a fare uso e abuso di potere, etc. Un grande maestro come Claudio Naranjo mi spiegò che una volta riuscì a mantenersi in uno stato di illuminazione per tre anni per poi per altri dieci anni l'illuminazione scomparve. Fino a quando comprese che quella “luce” doveva essere sacrificata per percepire tutto quello che ancora era all'oscuro. Non si demotivò e seppe andare avanti.
E questo può succedere a chiunque...
Certamente. Anche al tuo maestro, alla tua maestra. Capita che se la tua guida cade in depressione o si ammala, o si separa dal suo compagno, si deprime. Ti chiedi come mai. Perché? Anche lui è un essere umano che attraversa un processo. Bisogna vivere con questo paradosso. Prendi ciò che ti trasmette, ciò che impari e continua a crescere al suo fianco. Il resto è parte del suo processo di crescita spirituale. E forse tu puoi usarlo allo stesso modo per il tuo processo, se lo guardi con saggezza e compassione. Ricorda: il cammino spirituale è un lavoro per tutta la vita, non solo per te, ma anche per la tua guida.
In questo lavoro di tutta una vita come ci aiuta la disciplina morale? E come ci ostacola? Come utilizzarla?
Effettivamente ha i suoi vantaggi e i suoi rischi. Però soprattutto al principio è estremamente necessaria. La disciplina morale consiste in regole basiche di comportamento e al principio, quando la persona è persa e alla mercé della tirannia delle proprie emozioni, è molto conveniente contare su strumenti che ci permettano di sviluppare l'energia del sacrificio e lo sforzo, per esempio, per non correre dietro a qualsiasi desiderio, emozione, etc. La disciplina morale ci aiuta a mantenere le abitudini che precedentemente abbiamo adottato e ,attraverso di esse, sviluppare la coscienza.
Quali sono i rischi?
Cadere nella rigidità, per esempio, nell'esigere eccessivamente da sé stessi, nella delusione, o meglio crederci speciali e superiori perché la nostra condotta morale è “superiore” a quella dell'essere umano comune e corrente. In questo caso è molto importante anche l'umiltà. Per esempio, se ti impegni a “non mentire”, già basta preoccuparsi di mentire meno o di essere coscienti quando si sta mentendo o quando non stai dicendo la verità anche quando apparentemente non dici bugie. E la stessa cosa per “non uccidere”, etc. Essere coscienti dei modi sottili con cui veniamo meno ai nostri impegni, però continuando ad impegnarci per illuminare il nostro cammino.
C'è un momento in cui si può fare a meno della disciplina morale?
Solo quando quei valori son interiorizzati e non c'è più bisogno di ricorrere ad essi perché formano parte di te e agiscono in modo naturale. Intanto che ciò non accade, bisogna ricorrere all'aiuto della disciplina morale. Però farlo in modo generoso e amorevole con sé stessi e con le altre perosne. Senza cadere nell'auto indulgenza. Come in tutto, sempre ci son due lati (o trappole) in cui si può cadere: da una parte o nella parte opposta.
Le trappole del cammino spirituale
Esistono molte trappole e molte occasioni, ogni giorno e praticamente in ogni situazione.
Il supermercato spirituale. È la tentazione andare da un luogo all'altro, di scuola in scuola, di gruppo in gruppo, cercando esperienze forti e senza stabilire un compromesso di ricerca di sé stessi e di pratica profonda in una disciplina concreta.
Prenderlo come un hobby. Un intrattenimento piacevole o intellettuale, con scarsa implicazione personale. Come diceva l'antropologa e maestra zen Joan Halifax “ci son hobby peggiori” (e sapeva bene quello che diceva, lei che lavorava nelle carceri). Però se prendi la pratica spirituale come un intrattenimento, non è facile che si dia una trasformazione personale profonda.
Autoinganno. Leggiamo libri e ascoltiamo a maestri e maestre che ci trasmettono concetti come il distacco, la compassione, l'umiltà. Per un momento ci inganniamo pensando che abbiamo raggiunto la comprensione di queste cose, però più avanti osserviamo nella nostra esperienza che non è così, che non siamo riusciti ad intergrarle, che è difficile farlo. Può succedere di demotivarsi per qualche tempo, però bisogna imparare ad accettarlo (accettarsi) e andare avanti.
La dipendenza dalle esperienze mistiche. Durante la meditazione puoi arrivare a speriementare stati alterati di coscienza di gran gioia, intensità e felicità profonda. Non ti ossessionare nel tentativo di raggiungere nuovamente questi stati perché sono imprevedibili. Apriti perché possano arrivarti però non perseguirli troppo perché potrebbero essere causa di abbattimento e frustrazione, specialmente quando più li insegui più ti sfuggono.
La supremazia dell'ego. Puoi credere addirittura di aver raggiunto la realizzazione (comprensione profonda) del senso della vita e cose così. Puoi credere di aver ottenuto l'illuminazione o il risveglio. Non entusiasmarti troppo e continua a praticare. Quello che importa è come applichi tutto questo alla vita quotidiana e alle tue relazioni con le altre persone.
Abbandonare le tue responsabilità. A volte, certe esperienze mistiche o alcune occasioni in cui si realizzano alcuni concetti (come l'esperienza della vacuità o che la realtà non esiste così come viene interpretata) possono condurti a osservare il mondo in modo “passivo”, come se tu fossi più avanti, abbandonando di conseguenza le tue responsabilità. Ti sbagli, questo non ti avvicina al cammino spirituale ma casomai ti allontana. Praticare la saggezza nei conflitti quotidiani molte volte è più difficile che ritirarsi in una grotta a meditare, fuori dal rumore mondano.
Tradotto dal sito Crece Joven
il libro fondamentale di Mariana Caplan
:
TRA CIELO E TERRA
Gli errori della ricerca spirituale
e le pretese premature di illuminazione
per le EDIZIONI IL LIBRAIO DELLE STELLE
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