La bellezza salverà il mondo (Dostoevskij)

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UN ALTRO MONDO POSSIBILE
Creando una nuova Consapevolezza 
UN ALTRO MONDO  POSSIBILE
I FIORI DEL DOMANI
Tutti i fiori di tutti i domani
sono i semi di oggi e di ieri.

Proverbio cinese
Ancora un sogno
... Sì, è vero, io stesso sono vittima di sogni svaniti, di speranze rovinate, ma nonostante tutto voglio concludere dicendo che ho ancora dei sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Se perdete la speranza, perdete anche quella vitalità che rende degna la vita, quel coraggio di essere voi stessi, quella forza che vi fa continuare nonostante tutto.
Ecco perché io ho ancora un sogno...
Continua...
Varsavia
<b>Varsavia </b>







Hanno ucciso il ragazzo di vent'anni
l'hanno ucciso per rabbia o per paura
perché aveva negli occhi quell'aria sincera
perché era una forza futura
sulla piazza ho visto tanti fiori
calpestati e dispersi con furore
da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Da chi usa la legge e si serve del bastone
e sugli altri ha pretese di padrone
Sull'altare c'è una madonna nera
ma è la mano del minatore bianco
che ha firmato cambiali alla fede di un mondo
sulla pelle di un popolo già stanco
Continua...

POTETE SOLO ESSERE LA RIVOLUZIONE
Ursula le Guin

Non abbiamo nulla se non la nostra libertà.
Non abbiamo nulla da darvi se non la vostra libertà.
Non abbiamo legge se non il singolo principio del mutuo appoggio tra individui.
Non abbiamo governo se non il singolo principio della libera associazione.
Non potete comprare la Rivoluzione.
Non potere fare la Rivoluzione.
Potete solo essere la Rivoluzione.
È nel vostro spirito, o non è in alcun luogo

da " The dispossessed" 1974
LA FINE DELLA VITA
é l'inizio della sopravvivenza

<b>LA FINE DELLA VITA<br> é l'inizio della sopravvivenza </b>





Come potete comperare
o vendere il cielo,
il calore della terra?
l'idea per noi é strana.
Se non possediamo
la freschezza dell'aria,
lo scintillio dell'acqua.
Come possiamo comperarli?
Continua...
I CREATIVI CULTURALI
<b>I CREATIVI CULTURALI</b>





L'altro modo di pensare
e vivere

Ervin Laszlo
Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontiamo?
La storia ci dimostra che le persone possono pensare in modi molto differenti. C'erano, in Oriente e in Occidente, sia nel periodo classico, che nel Medio Evo ed anche nelle società moderne, concezioni molto diverse sulla società, sul mondo, sull'onore e sulla dignità. Ma ancora più straordinario è il fatto che anche persone moderne delle società contemporanee possano pensare in modi diversi. Questo è stato dimostrato da sondaggi di opinioni che hanno indagato su cosa i nostri contemporanei pensano di loro stessi, del mondo e di come vorrebbero vivere ed agire nel mondo.

Una recente indagine della popolazione americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti.
Questo è molto importante per il nostro comune futuro, poiché è molto più probabile che alcuni modi di pensare preparino il terreno per uno scenario positivo piuttosto che altri.
Questi sono stati i risultati principali:
Continua...
PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI
<b>PIU’ LENTI, PIU’ PROFONDI, PIU’ DOLCI </b>





Alexander Langer


La domanda decisiva è: Come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
Lentius, Profundis, Suavius”, al posto di ”Citius, Altius, Fortius”

La domanda decisiva quindi appare non tanto quella su cosa si deve fare o non fare, ma come suscitare motivazioni ed impulsi che rendano possibile la svolta verso una correzione di rotta.
La paura della della catastrofe, lo si è visto, non ha sinora generato questi impulsi in maniera sufficiente ed efficace, altrettanto si può dire delle leggi e dei controllo; e la stessa analisi scientifica
Continua...
CITTADINO DEL MONDO
<b>CITTADINO DEL MONDO</b> Graffito a Monaco






Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia è hawaiana.
Le tue vacanze sono turche
tunisine o marocchine.
Cittadino del mondo,
non rimproverare il tuo vicino
di essere…. Straniero.
Il viaggiatore leggero
<b>Il viaggiatore leggero </b> Adriano Sofri
Introduzione al libro di Alex Langer, ed. Sellerio 1996

Alexander Langer è nato a Sterzing (Vipiteno-Bolzano) nel 1946, ed è morto suicida a Firenze, nel luglio del 1995.
Benché abbia dedicato la sua vita intera, fin dall'adolescenza, a un impegno sociale e civile, e abbia attraversato per questa le tappe più significative della militanza politica, da quella di ispirazione cristiana a quella dell'estremismo giovanile, dall'ecologista e pacifista dell'europeismo e alla solidarietà fra il nord, il sud e l'est del mondo, e sempre alle ragioni della convivenza e del rispetto per la natura e la vita, e benché abbia ricoperto cariche elettive e istituzionali, da quelle locali al Parlamento europeo, è molto difficile parlarne come di un uomo politico. O almeno, è del tutto raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell'ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la fatica di Langer. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano, e imprigiona i suoi praticanti nella ruotine e nell'autoconservazione. Uno sguardo che
Continua...
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
MA CHE PIANETA MI HAI FATTO
di Beppe Grillo

Ma che pianeta mi hai fatto? Petrolio e carbone sono proibiti. Nei centri urbani non possono più circolare auto private. L'emissione di Co2 è punita con l'assistenza gratuita agli anziani. I tabaccai sono scomparsi, non fuma più nessuno. Non si trovano neppure le macchinette mangiasoldi nei bar. La più grande impresa del Paese produce biciclette. La plastica appartiene al passato, chi la usa di nascosto è denunciato all'Autorità per il Bene Comune e condannato ai lavori socialmente utili. Continua...
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COME L'ABORTO HA TRADITO LE DONNE



di Elizabeth Fox-Genovese

Molti fanno finta di credere che per una donna l’aborto sia una cosa senza gravi conseguenze. L’aborto si limita ad eliminare un ostacolo verso lo scopo reale della vita di una donna, qualunque sia lo scopo secondo lei. Eppure, come suggerisce l’esperienza delle mie amiche, raramente le donne prendono alla leggera l’esperienza dell’aborto. Per la maggior parte di loro la realtà dell’aborto mette a nudo il fallimento della pretesa che esso sia solo una questione di convenienza e di opportunità. La scelta dell’aborto espone una donna a una sfilza di rischi di carattere fisico, tra cui l’impossibilità permanente di avere bambini in futuro. (Le femministe a cui piace ricordarci dei rischi degli aborti clandestini nei giorni precedenti alla ‘Roe contro Wade 1,  non dicono mai che le donne ancora muoiono di aborto e  quelle maggiormente a rischio sono le donne povere.) Inoltre, l’aborto espone la donna ad una serie di rischi psicologici, in particolare senso di colpa e depressione. Oltre ai rischi fisici e psicologici, l’aborto mette la donna di fronte a grandi quesiti esistenziali riguardo il senso della vita: Chi sono io? A che scopo esisto? 

Come le croci di pietra che una volta venivano erette ai crocicchi, l’aborto segna la convergenza delle più funeste questioni sociali, politiche e morali del nostro tempo. Domande che ci sfidano a definire le nostre attitudini verso lo scopo della vita e della società a cui apparteniamo – verso la vita, la morte e le nostre responsabilità nei confronti degli altri. Così come le domande convergono nell’aborto, le loro risposte divergono, conducendo rispettivamente, nelle parole del Santo Padre, alla cultura della vita o alla cultura della morte.

La decisione della Corte Suprema sul caso Roe contro Wade effettivamente sancì il trionfo della rivoluzione sessuale e tracciò una linea di demarcazione tra i suoi oppositori e i suoi sostenitori. A seconda delle opinioni, la ‘Roe contro Wade’ ha inaugurato il vero inizio della libertà delle donne, un’importante conquista nella loro lotta per ottenere l’eguaglianza con gli uomini, o ha inaugurato un aumento senza precedenti delle nascite fuori dal vincolo matrimoniale, famiglie mono-genitoriali, violenza e suicidi dei adolescenti e infanticidio. Il punto di convergenza tra i due fronti opposti è nella comune accettazione del fatto che l’aborto si è dimostrato una grande forza nella liberazione sessuale e sociale delle donne. Il punto di divergenza è sul credere che la liberazione abbia beneficiato le donne e la società e anche se esso possa essere di supporto ad una società giusta e decente.

L’ideale femminista
Il movimento delle donne difende l’aborto volontario come pietra angolare della libertà ed uguaglianza delle donne e rifiuta ogni sua limitazione, che considera una limitazione dei diritti delle donne. Molte attiviste amano insistere sulla diversità del femminismo per far vedere che sono mentalmente aperte e attente alle credenze delle donne con diversi retroterra culturali e convinzioni. La storia recente conferma che in pratica i limiti della loro tolleranza sono molto stretti e nel caso dell’aborto non fanno neanche finta di essere tolleranti. L’aborto si classifica come la prima richiesta non negoziabile del movimento. Poiché le femministe hanno nascosto questa richiesta nella retorica della scelta, è facile confondere la loro intransigenza, e molti lo fanno. La scelta, dopo tutto, restituisce la scelta alla donna, l’unica a poter valutare la sua situazione. Secondo questa visione, la difesa dell’aborto non è niente di più che la difesa della privacy e della coscienza individuale. 

La American Civil Liberties Union (ACLU) considera il ”diritto di scelta” una “libertà fondamentale”. In un documento informativo, l’ACLU sostiene che l’aborto protegge il diritto costituzionale della donna all’autonomia e alla privacy. Roe, sostiene, “protegge il diritto delle donne di prendere le decisioni della vita secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni religiose”, e che “liberando le donne americane dal fardello delle gravidanze indesiderate, Roe ha consentito loro l’uguaglianza economica, su una base di maggiore uguaglianza con gli uomini.” Qualsiasi tentativo di limitare la scelta riproduttiva, insiste, "non è solo un attacco all’autonomia personale, ma anche al principio di uguaglianza per le donne, ed è una grave minaccia per il diritto così caro a tutti gli americani alla privacy, all’integrità fisica e alla libertà religiosa ".
Queste e innumerevoli altre dichiarazioni piene di retorica sottolineano la campagna femminista per liberare le donne dai rapporti vincolanti che potrebbero limitare la loro libertà.

Così le femministe hanno sempre rifiutato di riconoscere che il feto incarna la vita umana. Per ovvie ragioni, trovano più comodo eliminare il bambino nel grembo di una donna come un fazzoletto di carta, che può essere raschiato o strappato e scartato senza conseguenze emotive o morali. Di fronte alle prove che anche un feto giovanissimo può sentire dolore, esse rispondono con l’indignazione. Ma non indignazione perché un bambino inerme sia sottoposto a tale dolore, ma l'indignazione perché a una donna che vuole liberarsi di un bambino sia fatto provare rimorso.

Recentemente, tuttavia, una femminista insolitamente sincera, Cynthia Daniels, ha esortato le donne a riconoscere la vita del feto. Questo, sostiene, non indebolisce le ragioni dell'aborto, ma lo rafforza. Nel ragionamento della Daniels il feto è vivo, non invitato, utilizza le risorse private della donna e deve quindi essere visto come un aggressore. Dal momento che ogni persona ha il diritto di auto-difesa, la donna ha il diritto di uccidere il feto per difendere la propria vita.

Il movimento delle donne, sentendo che questo argomento così scoperto potrebbe respingere più persone di quanto non ne attiri, deve ancora adottarlo nel dibattito pubblico, e la maggior parte delle persone non sanno della sua esistenza. Non di meno, la polemica mostra il nocciolo dell’inflessibile attaccamento del movimento all’aborto visto come momento fondante della libertà delle donne. La visione del feto come invasore del corpo della donna e saccheggiatore delle sue risorse vitali offre una visione agghiacciante dell’autonomia delle donne. Ancora più inquietante è la visione che offre della persona umana, perché questa visione separa ciascuno di noi completamente da tutti gli altri, a meno che non sospendiamo volontariamente una parte della nostra autonomia entrando in un rapporto contrattuale con un altro e, nel caso delle donne, ci separa da noi stessi incarnati.

È difficile determinare se il movimento delle donne ha plasmato il carattere del nostro tempo o semplicemente lo riflette; ho il sospetto che è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Ciò che rimane indiscutibile è che la posizione inflessibile del movimento delle donne in materia di aborto riflette un’immagine desolante di noi stessi. Storicamente la santità del legame tra madre e figlio ha incarnato univocamente l'ideale di rapporto umano e di amore. I cinici potrebbero protestare che, in pratica, l'ideale è stato onorato tanto nella violazione quanto nel rispetto - che le madri raramente, se non mai, sono state sante e che più madri di quanto sappiamo non hanno rispettato gli ideali della devozione.

La storia offre abbondanti esempi di madri che hanno maltrattato, venduto, o ucciso i loro figli, per non parlare di quelle che hanno fatto ricorso all'aborto. Sarebbe confortante dire con certezza che questi casi sono il risultato del disagio o della disperazione delle donne, ma il riconoscimento della peccaminosità umana ci spinge a riconoscere che alcune madri hanno scelto semplicemente di liberarsi della responsabilità. Eppure, quando tutti gli avvertimenti e le qualifiche sono stati archiviati, ci ritroviamo con la consapevolezza agghiacciante che il nostro tempo si trova solo nel celebrare la distruzione da parte di una madre del suo bambino come affermazione della libertà e della dignità umana.

L'illusione della disuguaglianza
A ragione il movimento femminista radicale ha insistito sul fatto che la responsabilità dei figli ha minato la capacità delle donne di competere alla pari con gli uomini per la conquista dei beni materiali e dello status. Insistendo sul fatto che nessuna donna può essere costretta a tenere un bambino, il movimento ha cercato di liberare le donne dall’ostacolo rappresentato dai loro corpi –in effetti, per quanto possibile - di liberarle interamente da tali organismi. Questa strategia si fonda sull’inquietante premessa che le donne, per raggiungere la piena dignità e libertà, devono diventare il più possibile come gli uomini. Le femministe radicali inavvertitamente fanno propria l’ipotesi che pubblicamente denunciano, cioè che la vera misura e forma dell’umanità è l'uomo. Si consideri la logica: una donna per diventare il meglio, deve diventare meno donna possibile.

La prudenza e la discrezione suggeriscono che faremmo meglio a lasciare le implicazioni di quella logica inesplorate. Tuttavia, per chiarezza dobbiamo considerare le prevedibili conseguenze, alcune delle quali stanno già plasmando la nostra vita. Contrariamente alle affermazioni femministe, l'aborto ha degradato la condizione delle donne più di quanto l’abbia elevata. Negli ultimi anni le donne hanno fatto progressi significativi e più che dovuti in materia di istruzione, occupazione e politica; progressi che devono essere considerati come una semplice questione di giustizia. Più spesso, però, le donne hanno migliorato la loro posizione nel mondo pubblico adattandosi al modello maschile prevalente. Il vero adattamento si è verificato nei rapporti privati ​​delle donne con gli uomini e con i bambini, e non tutto è stato a vantaggio delle donne.

Nel giro di pochi decenni abbiamo ripudiato tutte le regole che storicamente tenevano a riparo le donne dalle tendenze predatorie della sessualità maschile. Le giovani donne di oggi godono praticamente della stessa libertà sessuale dei giovani maschi, il che le lascia in gran parte indifese davanti alle richieste sessuali degli uomini. Le femministe applaudono a questa crescente uguaglianza sessuale e puntano a un aborto facilmente disponibile come sua garanzia più sicura. Se una giovane donna fa un "errore", l'aborto indolore la libera dalle sue conseguenze. Tutto questo si basa sul presupposto che le ragazze - perché sono quelle a più alto rischio - abbiano lo stesso programma  sessuale dei ragazzi, vale a dire, avventure senza legami. In genere non lo fanno. Le ragazze e le giovani donne sono molto più propense a cercare l'amore e i rapporti.

Per quanto irrealistici, questi sogni aggravano il trauma emotivo di un aborto, che rappresenta non solo la morte del bambino, ma un attacco alla visione della ragazza di se stessa e alla fiducia negli altri. È difficile immaginare la devastazione e l'abbandono visibile sul volto di una giovane donna il cui fidanzato ha appena salutato il suo annuncio che è incinta con un'offerta cavalleresca di dividere il costo dell'aborto. Nessun "Vuoi tenere il bambino?" Nessun "Dovremmo sposarci?" Nemmeno un "Cosa pensi dell'aborto?" Solo la compiacente auto-soddisfazione di aver offerto una compensazione finanziaria e quindi assolto i suoi obblighi comportandosi onorevolmente verso una ‘pari’. Questa uguaglianza non è ciò che la giovane donna aveva immaginato quando ha aderito alle sue richieste sessuali.

Il ruolo della religione
Recenti sondaggi indicano che le giovani donne stanno cominciando a ripensare l'impegno femminista per l'uguaglianza sessuale. Le studentesse universitarie sono meno favorevoli al sesso prematrimoniale di quanto non lo fossero pochi anni fa. Solo il 40 per cento è d'accordo sul fatto che "se due persone si piacciono molto, va bene avere rapporti sessuali, anche se si conoscono da poco tempo." Cosa più importante, l'entusiasmo dei giovani per l'aborto è diminuito: nel 1998, il 53,5 per cento delle matricole riteneva che l'aborto avrebbe dovuto essere legale, quest'anno solo il 51 per cento crede che dovrebbe, secondo lo Higher Education Research Institute della University of California.

È troppo presto per capire esattamente che cosa significano questi cambiamenti. Probabilmente essi hanno più a che fare con un istinto di auto-protezione che con una venerazione sincera per la sacralità della vita umana e il mistero dei rapporti sessuali che portano al suo inizio. Forse fanno presagire qualcosa di meglio.

Negli ultimi due anni c'è stato un forte aumento nel numero di donne americane che affermano che la religione gioca un ruolo importante nella loro vita. Oggi i tre quarti condividono questo punto di vista, e la metà vorrebbero che le organizzazioni religiose partecipassero alla discussione pubblica dei ruoli maschili e femminili nella società. Quasi la metà vorrebbe anche che le organizzazioni religiose a partecipassero a discussioni pubbliche sull’aborto, e più di due terzi è favorevole a restrizioni sull'aborto, secondo la Princeton Survey Research Associates.

Forse il cambiamento più evidente riguarda il numero sempre crescente di donne che sono favorevoli al divieto di aborto, tranne nei casi di stupro o incesto, o anche al divieto totale, e il calo del numero di donne che credono che dovrebbe essere generalmente disponibile richiesta. Due anni fa il 45 per cento delle donne era favorevole a una delle posizioni restrittive; oggi è il 53 per cento e meno di un terzo (28 per cento) ritiene che l'aborto a richiesta dovrebbe essere consentito.

Insieme ai risultati sugli atteggiamenti degli studenti universitari verso il sesso prematrimoniale e l'aborto, queste statistiche offrono motivi di ottimismo circa i cambiamenti nel nostro clima culturale, ma anche loro presentano grossi problemi di interpretazione. Poiché le donne che riconoscono l'importanza della religione nella loro vita e che dubitano della saggezza dell'aborto libero non sembrano considerare autorevole gli insegnamenti della loro Chiesa sulla sessualità e sul ruolo degli uomini e delle donne. Il problema non sembra essere semplicemente che le donne trovano i loro sacerdoti, ministri, rabbini reazionari o punitivi riguardo al ruolo delle donne. Più della metà delle donne che frequentano servizi religiosi credono che il loro clero favorisca la parità tra donne e uomini, e più di tre quarti sostengono che il loro clero offre istruzioni su ciò che significa essere una buona madre e moglie. Il vero problema sembra essere che molte donne che frequentano la chiesa, non considerano l'insegnamento della propria chiesa  influente sulla propria vita, e tanto meno vincolante.

Solo un terzo delle donne che apprezzano e praticano la religione credono che la loro chiesa abbia decisamente influenzato la loro visione dell'aborto, ma meno di un quarto riconosce alla religione un’influenza importante riguardo alla comprensione del matrimonio e solo il 13 per cento attribuisce alla religione la propria comprensione dell’eguaglianza dei generi. Allo stesso tempo, la maggioranza asserisce che la religione offre standard morali ed etici (88 per cento), aiuta con i problemi personali (85 per cento), li fa sentire appartenenti a una comunità (84 per cento) e offre loro opportunità di leadership (75 per cento).

A prima vista può sembrare che questi risultati possano confondere. Cosa facciamo con delle donne che ritengono che la loro chiesa offra standard morali ed etici, ma che non sono influenzate dai suoi insegnamenti su aborto, matrimonio e parità di genere? Sembra possibile che le donne in primo luogo apprezzino la religione per l'assistenza che dà sui problemi personali, il senso di appartenenza, e la possibilità per la leadership. Se fosse così, si potrebbe concludere che essi stimano la religione per ciò che offre, piuttosto che per quello che richiede di loro.

Lo studio conclude che le donne americane sono religiose e lo diventando sempre di più, ma non chiarisce mai ciò che le donne intendono per religione. I suoi risultati suggeriscono che le donne trovano nella religione il conforto e il sostegno che non trovano in ambito secolare. Eppure, gran parte della mentalità laica sembra aver permeato la stessa religione cui chiede consolazione e sostegno. Altrimenti come si spiega che le donne che asseriscono di attribuire grande valore alla religione trascurino l'insegnamento della loro chiesa sull'aborto, sul matrimonio e sulla parità dei sessi? Tutti e tre gli argomenti sono una figura centrale nel pensiero sociale cattolico, nelle regole morali e nella teologia. Tutti e tre devono la loro centralità alla loro relazione, fondamentale per la comprensione cattolica della persona umana e il suo posto nell'ordine sociale e divino.

Il degrado di matrimonio e famiglia
L'aborto, il matrimonio e la parità di genere sono alla base della visione del mondo femminista secolare. Le femministe hanno fondato il loro programma di cambiamento sociale sull’assoluta uguaglianza tra donne e uomini che, insistono, dipende dalla disponibilità dell'aborto volontario. Per loro il matrimonio conta probabilmente meno, se non per il fatto che lo hanno identificato, insieme alla famiglia, come la culla dell’oppressione delle donne. Se si concentrano sul matrimonio, è per chiedere l'uguaglianza assoluta e l'intercambiabilità di ruolo degli uomini e delle donne all'interno di esso. Esse rifiutano il matrimonio come sacramento, tanto quanto rifiutano il concetto che ebrei e protestanti hanno del matrimonio come istituzione creata da Dio, cioè come unione inviolabile tra un uomo e una donna che si rallegrano nella loro complementarità e sono aperti al dono dei bambini.
 
Il progresso rivoluzionario della liberazione sessuale, fondata sulla disponibilità dell'aborto, ha infranto questa comprensione del matrimonio e della famiglia come sacri. Sempre più spesso il sesso è visto come fine a se stesso e le unioni sessuali sono trattate come accordi temporanei, a cui si accede per una gratificazione immediata e si abbandonano per i nuovi oggetti del desiderio sessuale. In questo clima le donne - e gli uomini - hanno imparato ad anteporre i propri interessi  anche a quelli dei rapporti più intimi con gli altri. Una donna che sa che in qualsiasi momento il marito può abbandonare il matrimonio senza pena né sanzione, ha scarsi motivi per sacrificare la sua carriera al matrimonio e ai figli - o anche di subordinare i suoi interessi a quelli della famiglia come unità. La mancata protezione della propria capacità di guadagno sarebbe un suicidio economico per sé e forse per i suoi figli. E più aperta era stata al dono dei figli, più minacciose sarebbero le prospettive.

Se questi sono i problemi personali che le donne portano alla religione, non c'è da stupirsi che esse oppongano resistenza ai precetti religiosi, che sembrano calcolati per aggravare i problemi. Questo è un mondo in cui le donne disperate potrebbero percepire l'aborto come un atto di auto-conservazione e nel quale molte donne si rivolgono alla religione per una consolazione personale e non perché ricordi loro di come Dio ingiunge di vivere la propria vita.

Battere la cultura della morte
Il crescente disagio delle donne riguardo all'aborto indica comunque la loro profonda inquietudine rispetto a un mondo che apparentemente impone loro di diventare uomini. Molte donne stanno inavvertitamente scoprendo che la liberazione sessuale e l'uguaglianza di genere, che avrebbero dovuto garantire la loro felicità, le hanno ridotte a oggetti e hanno corrotto le loro relazioni più intime con gli altri. Anche se molte non possono facilmente dare voce al loro malcontento, esse sentono intuitivamente che i legami di intimità sono stati sostituiti dal mercato, che l'amore ha lasciato il posto al calcolo economico. Quasi due secoli fa, il poeta inglese William Wordsworth lamentò: "Il mondo sta troppo con noi, presto o tardi, / Ricevendo e spendendo, sprechiamo le nostre facoltà: / Poco di ciò che si vede in natura è nostro; / Abbiamo dato via i nostri cuori, un sordido vantaggio!" Nel nostro tempo il Papa Giovanni Paolo II ci mette in guardia contro la cultura della morte che si sta impossessando di noi.

L'aborto genera ed stabilizza la cultura della morte che ci minaccia tutti, ma soprattutto le donne, la cui essenza include la capacità di generare una nuova vita. Contrariamente alle visioni apocalittiche, la cultura della morte ha meno a che fare con la minaccia di catastrofe nucleare che con l'invasione del mercato delle nostre vite e delle relazioni con gli altri. Sostituendo il calcolo economico all'amore mettiamo a rischio il nostro essere persona, la cui essenza sta nel nostro riconoscimento degli altri come persone fatte, come noi, a immagine di Dio. L’aborto ridicolizza la personalità dando licenza ad una persona di disporre di un’altra. Perché, negando la personalità del bambino che una donna porta in grembo, neghiamo la nostra. A tal proposito, il comando di Gesù di amare il tuo prossimo come te stesso, che risuona nelle sue frequenti ingiunzioni di onorare, proteggere e imitare i bambini, se vogliamo avere delle speranze di salvezza, ci insegna soprattutto che non possiamo uccidere un'altra persona senza simultaneamente uccidere noi stessi.

Dai giorni del Vecchio Testamento a oggi il mondo ha sempre sfidato i comandamenti di Dio e provocato la sua ira, ma poche società lo hanno fatto in modo palese come la nostra. Inghiottiti in un benessere materiale senza precedenti, siamo caduti in preda all’illusione che i beni materiali offrano degli standard appropriati al nostro valore. Spinti da questa convinzione, misuriamo sempre gli altri con questo standard e, quando non sembrano essere all’altezza, li segnaliamo per il sacrificio. Concedendo la licenza al massacro dei bambini, l'aborto legittima l'eliminazione di tutti gli altri che drenano la nostra ricchezza: gli anziani, i malati terminali e, prima o poi, i poveri. Un ripudio più completa del Vangelo sarebbe difficile da immaginare.

Il movimento delle donne ha difeso l'aborto come garanzia della libertà delle donne contro l'oppressione e della loro uguaglianza con gli uomini. In un periodo in cui gli americani hanno la coscienza sporca a causa delle restrizioni che le donne hanno subito in passato, le femministe hanno subito preso il sopravvento retorico. Chi in questi giorni si opporrebbe all’uguaglianza delle donne con gli uomini o difenderebbe gli abusi di cui sono vittime? L'orologio non può tornare indietro e la maggior parte degli americani non vogliono che ciò accada. Ma la volontà generale di ampliare le opportunità delle donne di sviluppare il loro talento ha indotto molti a prendere la retorica femminista alla lettera, tanto più che la retorica pro-vita spesso suona punitiva. Troppi americani accettano l'affermazione femminista che l'opposizione all'aborto indica necessariamente un desiderio di far tornare le donne in una posizione subordinata. Intrappolati nelle premesse secolari del femminismo, non pensano mai che l’aborto può aggravare la posizione delle donne, piuttosto di migliorarla.

L'aborto fornisce a molte donne una soluzione rapida ai problemi immediati, senza migliorare  in primo luogo le condizioni che hanno prodotto i problemi. Anzi, li rafforza. L'aborto genera più aborti e più infelicità per le donne. La crescente avversione delle donne per l'aborto dimostra una coscienza emergente che ciò di cui le donne hanno più bisogno è che la società faciliti la loro vita come le donne che sono sia uguali che diverse dagli uomini. Ma non dobbiamo illuderci: la libertà delle donne di generare e custodire i bambini è costosa. E nelle condizioni attuali non dovremmo aspettarci che il settore privato ne sostenga l'intero costo. Dopo aver permesso la disintegrazione del matrimonio, ora dobbiamo pagare le tasse per sostenere le ragazze madri. La grande sfida sarà quella di soddisfare le esigenze delle ragazze madri senza incoraggiare l'ulteriore erosione del matrimonio. La sfida culturale e morale è scoraggiante quanto la responsabilità economica, e nessuna delle due rischia di rivelarsi facile. Ciò nonostante ci conviene ricordare che siamo il custode di nostra sorella2, anche perché nelle sue speranze risiedono le nostre.

I problemi morali e culturali e i problemi economici non sono due problemi, ma uno. È ora di smettere di illuderci che possiamo promuovere il rinnovamento culturale e morale senza un sacrificio economico o che possiamo fornire un sostegno economico efficace senza una trasformazione culturale e morale. La Chiesa ha sempre capito che il regno culturale e morale e il regno economico sono una sola cosa e spesso si è impegnata contemporaneamente in entrambi. Oggi più che mai è necessaria la sua guida. Se davvero questo è il momento favorevole e il momento della salvezza, è necessario che la Chiesa insista sul fatto che tutti noi dobbiamo essere migliori di ciò che siamo e, così come perdona i nostri debiti e guarisce le nostre piaghe, ricordarci del sacrificio e della fedeltà che ci vengono richieste.

Beata Gianna Beretta Molla, beatificata nel 1994, era una donna dei nostri tempi - una moglie e madre, un pediatra e chirurgo nella sua nativa Italia. Era una donna vivace e intelligente del 20 ° secolo, nota per le sue opere di carità e di profonda vita spirituale. In attesa del suo quarto figlio, le fu diagnosticato un tumore che metteva in pericolo la sua vita. Invece di perdere il bambino che portava in grembo, rinunciò alle cure che avrebbero potuto salvarla. Morì nel 1962, pochi giorni dopo la nascita del bambino, più prezioso per lei della sua stessa vita.  
 
Elizabeth Fox-Genovese
 
 
 

1 Si riferisce ad una sentenza della Corte suprema degli USA che per la prima volta ammetteva il diritto delle donne di abortire secondo la propria scelta.
2  Si riferisce all’episodio biblico in cui Il Signore chiede a Caino dove sia Abele e questi risponde “Non lo so, non sono il custode di mio fratello”.
 
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