La religione di coloro che professano la fede in Gesù Cristo, riconoscendolo come Figlio di Dio e portatore di un messaggio universale di salvezza, in continuità e come compimento del patto di alleanza stipulato tra Dio e il popolo di Israele.
Il cristianesimo trae origine dalla vita, dalla parola e dalla risurrezione di Gesù Cristo e si caratterizza per il suo monoteismo, conformemente del resto all'originaria matrice ebraica (v. ebraismo). Il nucleo fondamentale della fede cristiana consiste nell'affermazione di Dio come creatore dell'universo e quindi dell'uomo, come essere amorevole e paterno, costituito in tre persone uguali e distinte (Padre, Figlio e Spirito Santo, secondo il dogma trinitario; v. Trinità). In Gesù Cristo viene riconosciuta la doppia e integrale natura di uomo e di Dio, confermata dalla sua morte in croce e dalla sua risurrezione. Dalla sua predicazione (vangelo, cioè "buona notizia") scaturisce secondo il cristianesimo non solo l'annuncio di una salvezza finale dell'uomo e del cosmo, ma anche l'impegno a una morale connotata dall'amore per il prossimo e da una vita vissuta in una relazione personale con Dio. Fondamentale nel cristianesimo è pure il riferimento alla dimensione comunitaria: i credenti in Gesù Cristo sono infatti chiamati alla partecipazione diretta alla vita della comunità (v. Chiesa ).
Il cristianesimo è anche definibile come "religione del libro", per il suo riferimento ai testi della rivelazione raccolti nella Bibbia. Questi contenuti dottrinali essenziali sono stati tuttavia nel corso dei secoli variamente elaborati e hanno dato origine a una molteplicità di confessioni religiose, che con diverse modalità si richiamano a questo comune patrimonio dottrinale. Le principali divergenze si sono manifestate nel tempo a proposito della reale natura di Gesù Cristo, del grado di libertà dell'uomo entro il piano di salvezza divina, del tipo di organizzazione istituzionale della comunità cristiana, nonché dei rapporti con il potere politico. Attorno a questi problemi di fondo si sono inoltre manifestate divergenze tra i cristiani a proposito dell'interpretazione esatta dei testi rivelati, dei sacramenti, dei riti liturgici e della codificazione delle norme morali .
Il cristianesimo delle origini
Alle prime comunità cristiane di origine ebraica sorte in seguito alla diretta predicazione di Gesù Cristo e degli apostoli si aggiunsero presto quelle di origine pagana scaturite dall'apostolato di Paolo di Tarso, che inserì il cristianesimo entro un contesto più ampio, tanto geograficamente quanto culturalmente. Ciò non mancò di porre delicati conflitti all'interno delle diverse comunità, narrati negli Atti degli apostoli e nelle lettere dello stesso Paolo. Diffusosi quindi in tutto il bacino del Mediterraneo durante il sec. I, il cristianesimo delle origini ebbe altresì una spiccata fisionomia urbana: i centri più importanti del suo insediamento furono Antiochia, Corinto, Efeso, Alessandria e infine Roma. Ciò favorì l'adeguamento delle modalità di trasmissione dei contenuti dottrinali cristiani alle categorie culturali proprie degli abitanti dell'impero romano di lingua sia greca sia latina.
Nei primi tre secoli dell'era cristiana, nonostante l'insorgenza di crisi interne dovute a divergenze dottrinali (gnosticismo, marcionismo, manicheismo, docetismo, nestorianesimo, montanismo, pelagianesimo ecc.), che portarono alla nascita di Chiese con caratteristiche autonome, il cristianesimo proseguì la sua penetrazione entro l'impero romano. Esso non fu arrestato dalle persecuzioni scatenate dagli imperatori di Roma, motivate anche con il fatto che il cristianesimo rifiutava di riconoscere la divinità dell'imperatore, pur proclamando la propria fedeltà alle leggi civili. Tra le principali persecuzioni furono quelle di Decio (249-251), Valeriano (257-258) e Domiziano (303-311). Dalla seconda metà del II sec. fiorì l'apologetica, ossia l'autodifesa del cristianesimo sul piano culturale e morale (Giustino, Tertulliano, Origene, Eusebio di Cesarea ecc.).
Con l'editto di Milano dell'imperatore Costantino (313) e con l'editto di Tessalonica dell'imperatore Teodosio (380) il cristianesimo finì per divenire un elemento dapprima tollerato poi costitutivo dell'impero romano. Agli imperatori furono riconosciuti ampi margini d'intervento nella vita della Chiesa, compresa la convocazione dei concili ecumenici, che in quei secoli affrontarono soprattutto le controversie trinitarie e cristologiche , giungendo a più precise e durature definizioni dogmatiche (Credo detto apostolico o simbolo niceno-costantinopolitano, sec. IV). Caratteristica del cristianesimo di questo periodo fu anche lo sviluppo della riflessione dottrinaria condotta dai Padri della Chiesa (Agostino d'Ippona, Ambrogio di Milano, Giovanni Crisostomo, Giovanni Damasceno, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno ecc.). Nel sec. V le Chiese dei popoli armeno, assiro e copto e altre Chiese ancora (Chiese antiche orientali) non accolsero le decisioni dogmatiche sulla natura di Cristo dei concili di Efeso (431) e di Calcedonia (451), rimanendo legate al nestorianesimo o al monofisismo .
Il cristianesimo nel Medioevo
L'integrazione tra cristianesimo e potere imperiale s'interruppe in Occidente con le invasioni barbariche, ma sopravvisse nell'impero bizantino, in forme e con contenuti che denotavano la tendenza a una crescente sacralizzazione della figura dell'imperatore, detentore del potere politico e religioso.
Anche i popoli "barbari" che avevano invaso l'impero d'Occidente erano per la verità già stati in gran parte cristianizzati, ma secondo le dottrine dell'arianesimo: da qui un intenso sforzo della Chiesa di Roma che nel vuoto di potere causato dal crollo dell'impero andava assumendo crescente rilievo anche civile per una loro conversione all'ortodossia trinitaria. Nel complesso tuttavia il cristianesimo nei regni romano-barbarici perse l'importanza politica che aveva assunto in età imperiale e si espresse soprattutto nel monachesimo , che costituì un nuovo polo di aggregazione cristiana.
Fra il III e il IV sec. fece la sua apparizione il monachesimo (padri del deserto, tra cui Antonio, Pacomio, Basilio il Grande, Giovanni Cassiano) che dal sec. V si tradusse in Occidente nel monachesimo benedettino .
Nell'alto Medioevo i monasteri divennero presto gli unici centri di irradiazione non solo della spiritualità, ma anche della tradizione culturale dell'Occidente; fornirono altresì l'ossatura dell'economia medievale inquadrando le popolazioni in aziende agrarie stabili e contribuendo alla progressiva opera di diboscamento e di coltivazione del territorio.
Il ritorno al modello costantiniano di collaborazione tra Stato e Chiesa verificatosi in età carolingia non cambiò in modo sostanziale questa situazione. Ben più importante fu il mutamento intervenuto nel bacino del Mediterraneo a partire dal sec. VII con la conquista araba e la definitiva islamizzazione dell'Africa settentrionale. Contemporaneamente furono cristianizzate le popolazioni germaniche assoggettate da Carlo Magno e gli slavi, verso i quali si rivolse l'attività missionaria dei bizantini Cirillo e Metodio nella seconda metà del sec. IX.
La divisione delle Chiese
I diversi sviluppi storici dell'impero d'Oriente e dell'Occidente romano-barbarico accelerarono un processo di differenziazione tra quelle comunità cristiane, in corso da tempo. Esso toccava tanto aspetti dottrinali, quanto formule liturgiche e criteri disciplinari interni. Tale tensione si era già manifestata nella crisi iconoclasta del sec. VIII, causata dal rifiuto del culto delle immagini sacre da parte di consistenti settori del cristianesimo bizantino, e nello scisma avvenuto tra il papa Nicola I e il patriarca di Costantinopoli Fozio (sec. IX). La rottura definitiva si ebbe nel 1054, con la reciproca scomunica tra la Chiesa di Roma e quella bizantina. Da questo momento il cristianesimo ortodosso si svilupperà accentuando il suo carattere organizzativo conciliare e "autocefalo", consistente nella piena autonomia delle singole Chiese nazionali pur entro una cornice comune dottrinale e liturgica (si hanno così la Chiesa ortodossa russa, quella serbo-ortodossa, quella greco-ortodossa ecc.). In Oriente restarono tuttavia Chiese fedeli a Roma, o ritornate tali in seguito a rapporti organici con Roma ("Chiese orientali cattoliche" o "uniati", tra cui l'armena, la caldea, la copto-cattolica distinta dalla Chiesa copta etiopica, la ruteno-ucraina ecc.).
Nella Chiesa cattolico-romana caratterizzata al contrario da un crescente accentramento attorno alla figura del papa e alla istituzione politico-statuale della Santa Sede si ebbero ripetuti movimenti contestativi per tutto il corso del Medioevo, che condussero a ulteriori spaccature, per quanto minori rispetto al grande scisma d'Oriente. Esse vanno ricondotte alla graduale affermazione in Occidente degli ideali teocratici, che coincise con il tentativo di assoluta cristianizzazione della società e con l'affermazione della preminenza del potere temporale papale anche nei confronti di quello imperiale.
Le resistenze a questi sviluppi e al progressivo deterioramento dei costumi morali del clero furono guidate da movimenti sia interni alla Chiesa di Roma (nuovi ordini religiosi come i francescani e gli altri ordini mendicanti), sia scismatici o ereticali, contro i quali non vennero risparmiate sanguinose repressioni (nei secc. XI-XIII, albigesi, catari, valdesi ecc.). Il crescente intreccio tra Chiesa cattolica e potere politico fu peraltro all'origine di ulteriori fatti traumatici, come la proclamazione delle crociate per la liberazione della Terrasanta in Palestina, il trasferimento del papato ad Avignone, lo scisma d'Occidente (1378-1417).
La spaccatura più importante e gravida di conseguenze entro il cristianesimo si ebbe tuttavia nel sec. XVI, con l'affermazione della Riforma protestante, provocata dal grave stato di decadimento religioso e morale della Sede di Roma e favorita dalle istanze di rinnovamento presenti nell'umanesimo cristiano (Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro), oltre che in diversi e numerosi tentativi di "Riforma cattolica" (v.) e di ritorno alla purezza della fede tramite la fondazione di nuovi ordini religiosi o di ripristino delle antiche regole (s. Francesco di Paola). La Riforma protestante trovò nell'opera di Lutero e nella particolare situazione tedesca le sue origini immediate, ma rapidamente coinvolse l'intera Europa centrosettentrionale, seppure con caratteri specifici legati alle diverse condizioni nazionali (formazione della Chiesa anglicana, predicazione di Calvino, Zwingli ecc.). Il processo di divisione del cristianesimo occidentale toccò tutti i piani: quello teologico, con le contrastanti interpretazioni sulla libertà dell'uomo di fronte alla grazia e alla dannazione (dispute sulla predestinazione); quello liturgico-sacramentale: dispute sui sacramenti e in particolare sull'eucaristia; quello gerarchico e disciplinare: rapporti tra magistero e libera interpretazione delle Scritture, la struttura episcopale, la questione del celibato ecclesiastico; quello organizzativo, con il rifiuto di riconoscere l'autorità indiscussa del papa. Posta di fronte a una crisi gravissima la Chiesa cattolica reagì infine avviando la Controriforma e indicendo il concilio di Trento (1545-63); importanza decisiva ebbe in tale reazione la Compagnia di Gesù fondata da s. Ignazio di Loyola (1534).
Con la caduta di Costantinopoli sotto il dominio turco (1453), la guida del cristianesimo ortodosso passò di fatto nelle mani della Chiesa di Mosca (eretta in patriarcato nel 1589), divenuta stretta alleata degli zar russi. Iniziò così un processo di identificazione nazionale tra Chiesa e Stato e di ripresa del cesaropapismo bizantino, mentre Chiesa e zar si atteggiavano a protettori dell'intera ortodossia, specie verso le Chiese dei Balcani cadute sotto la dominazione ottomana, elaborando l'idea di Mosca come "terza Roma", destinata a rivitalizzare l'intero cristianesimo.
Il cristianesimo nell'età moderna
A partire dal sec. XVI le divisioni interne al cristianesimo occidentale si intrecciarono con le contese politico-militari fra gli Stati nazionali e l'impero, dando un connotato particolare all'intera storia europea (l'epoca delle "guerre di religione"). Sostanzialmente conclusesi con la pace di Vestfalia (1648) le guerre di religione, lo sviluppo del cristianesimo fu sempre più influenzato da due nuovi elementi: da un lato la forte espansione missionaria in America e Asia, dall'altro l'affermazione nel sec. XVIII di correnti culturali quali l'illuminismo, che puntavano a una riconsiderazione critica dell'intero fenomeno religioso cristiano, indipendentemente dalle differenze tra le diverse confessioni.
Per quanto riguarda l'attività missionaria, va notato che la cristianizzazione dell'America avvenne con modalità strettamente dipendenti dagli equilibri politici che gli Stati europei vi imposero. Nelle terre colonizzate da Stati cattolici si sviluppò il cattolicesimo (diffuso prevalentemente nell'America centrale e meridionale), mentre in quelle che dipendevano da sovrani protestanti si diffuse il protestantesimo (America settentrionale). La diffusione del cristianesimo verso l'Asia (corroborata solo assai tardi da conquiste territoriali) si rivelò, al contrario, molto difficile: il continente asiatico restò sostanzialmente impermeabile alla penetrazione del cristianesimo.
Per quanto attiene invece alla nuova cultura illuminista, essa contribuì ad avviare un processo di scristianizzazione (o secolarizzazione), che dapprima investì le classi colte e quindi la nobiltà, la borghesia e le classi popolari. L'illuminismo influenzò profondamente la politica ecclesiastica degli Stati, indotti a riaffermare, in nome dell'utilità comune, il proprio diritto d'intervento in campo religioso (dispotismo illuminato, giuseppinismo, giurisdizionalismo ). La caduta dell'ancien régime pose comunque fine, sia pure momentaneamente e non in tutti gli Stati, alla simbiosi tra cristianesimo e potere politico, mentre la diffusione della cultura razionalista e scientifica contribuì a fare apparire il cristianesimo come una delle tante forme di vita e concezioni del mondo, a fianco delle altre tradizioni culturali e religiose dei continenti extraeuropei. La rivoluzione francese comportò conseguenze gravissime soprattutto per la Chiesa cattolica, in quanto spinse alla chiusura di seminari e conventi, alla dispersione di religiosi, alla requisizione di proprietà materiali, alla perdita di privilegi, alla laicizzazione di idee e di costumi. Ma provocò pure, per reazione, un vasto moto di rinnovamento, caratterizzato dalla nascita di numerosissimi ordini e istituti religiosi, attivi in particolare nel campo sociale (s. Giovanni Bosco, s. Giuseppe Cottolengo ecc.), nonché dallo sviluppo di nuove forme di devozione (al Sacro Cuore di Gesù).
In seno al protestantesimo vi furono tra i secc. XVII e XIX diversi movimenti di rinnovamento o "risveglio" cristiano. Nel '600, il battismo (rifiuto del battesimo dei bambini, per una fede frutto di una scelta personale) e il pietismo (il cristiano come "uomo nuovo" e il cristianesimo come "vita nuova"). Nel '700, il metodismo (grande movimento di evangelizzazione popolare con forte sottolineatura della santificazione personale e della formazione dei laici). Altre denominazioni, come quella avventista, ripresero motivi millenaristi presenti nel cristianesimo primitivo, insistendo sull'importanza del "secondo avvento" di Cristo, o del suo "ritorno". In altre formazioni religiose, come quella dei mormoni, sorta nella prima metà del XIX sec., elementi cristiani coesistono con altri, provenienti da rivelazioni diverse da quella biblica. I Testimoni di Geova, infine, sorti nella seconda metà del XIX sec., si richiamano soprattutto all'Antico Testamento, con forte componente apocalittica. In seno al cattolicesimo romano si ebbe la nascita di una nuova confessione, quella "vecchio-cattolica", che rifiutò il dogma dell'infallibilità papale definito dal concilio Vaticano I nel 1870.
Mentre si diffondevano un po' dovunque segnali di risveglio anche nelle confessioni tradizionali (movimento biblico, rinnovamento liturgico, attenzione ai problemi sociali ecc.), nel sec. XIX il cristianesimo dovette affrontare dottrine politiche quali il liberalismo e il socialismo, che si affermarono, accompagnandosi in vario modo alla cultura positivistica, laicista e persino atea. La stessa diffusione del cristianesimo nei paesi extraeuropei ora soprattutto l'Africa e l'Asia non sfuggì ai legami e ai condizionamenti di tipo politico, intrecciandosi strettamente con il colonialismo degli Stati europei.
Il cristianesimo nel '900
La ripresa del cristianesimo tra i secc. XIX e XX dovette fare i conti anzitutto con i fenomeni provocati dalle colossali trasformazioni indotte dalla rivoluzione industriale, a cui si affiancarono i problemi connessi all'urbanizzazione e all'avvento della società di massa, ma pure all'introduzione di nuove tecniche di comunicazione. Sempre più problematico divenne il rapporto delle diverse Chiese con Stati dichiaratamente laici. Difficile fu pure l'adeguamento alla moderna democrazia. La storia del cristianesimo nel sec. XX può essere pertanto riletta come la storia di un delicato confronto con la "modernità" e con la "laicità". Nel complesso si ebbe comunque una vigorosa ripresa che attraversò tutte le confessioni cristiane, proponendo nuove sintesi teologiche (particolarmente ricco il filone della spiritualità e della teologia protestante, avviato da S. Kierkegaard nel sec. XIX e proseguito con K. Barth, R. Bultmann, D. Bonhoeffer, P. Tillich, J. Moltmann ecc.) e nuove proposte di spiritualità e di organizzazione che investivano anche il laicato (in campo cattolico: istituti secolari, Azione Cattolica). Non mancarono peraltro eccessi e reazioni clamorose, come nel caso della crisi modernista nella Chiesa di Roma.
A partire dagli anni '20 si pose in termini sempre più drammatici il problema del rapporto tra il cristianesimo e i regimi totalitari. In Russia, dopo la rivoluzione sovietica del 1917, il regime comunista avviò una durissima persecuzione contro la Chiesa ortodossa, con la confisca di beni e la chiusura di quasi tutte le chiese e dei monasteri. La persecuzione si attenuò solo durante la seconda guerra mondiale, quando Stalin iniziò una politica di parziali concessioni in nome del comune sforzo patriottico. In Occidente la Chiesa cattolica e quelle protestanti ricercarono forme di buon vicinato, se non di alleanza vera e propria, con i vari regimi autoritari. Non mancarono tuttavia episodi di grande rilievo, come la resistenza della "Chiesa confessante" luterana (dal 1934) contro il paganesimo nazista. Lo scoppio della seconda guerra mondiale indusse a rivedere molte posizioni, anche se rare furono le pubbliche denunce delle gravissime violazioni dei diritti umani , specialmente di fronte alla persecuzione e allo sterminio degli ebrei. Le varie Chiese si impegnarono soprattutto nell'assistenza materiale e spirituale. Numerosi cristiani contribuirono ad animare la Resistenza nelle sue varie forme, compresa quella per la sopravvivenza nei Lager; significativa fu, per esempio, l'esperienza ecumenica forzatamente vissuta nei Lager di Dachau da oltre 2700 preti, pastori e religiosi di ogni nazionalità e confessione.
Fenomeno del tutto nuovo nel cristianesimo del sec. XX è stata la comparsa dell'ecumenismo, inteso come spinta se non alla riunificazione (pure da molte parti sinceramente desiderata), almeno al dialogo e alla collaborazione tra le varie confessioni cristiane. Sorto all'interno di alcune confessioni protestanti (1910), esso si è gradualmente esteso alle altre. Nel 1960 Giovanni XXIII istituì il Segretariato per l'Unità dei Cristiani; l'ecumenismo assunse nel cattolicesimo un ruolo di rilievo con il concilio Vaticano II (1962-65), che tra l'altro rielaborò le direttive che devono presiedere al rapporto del cattolicesimo sia con la società contemporanea, sia con le altre religioni. Sul terreno dell'ecumenismo restano peraltro aperti numerosi problemi, tra cui quelli del primato del vescovo di Roma, del celibato ecclesiastico e del sacerdozio delle donne.
L'altro grande fenomeno del cristianesimo del '900 è quello pentecostale, iniziato nei primissimi anni del secolo in seno al protestantesimo statunitense e ormai diffusosi si può dire in tutto il mondo e in tutte le maggiori confessioni. È il primo movimento cristiano di massa imperniato sull'esperienza dello Spirito Santo, la terza persona della Trinità alla quale la teologia cristiana non ha finora dedicato sufficiente attenzione. All'inizio l'esperienza pentecostale s'è affermata in ambienti popolari ed emarginati, molto simili a quelli in cui s'affermò il cristianesimo primitivo. È sicuramente ancora presto per valutare il fenomeno, ma la sua importanza potrà risultare significativa per il futuro del cristianesimo.
Dagli anni '70 il cristianesimo si è trovato di fronte a nuove sfide e a nuovi sviluppi, che ne stanno caratterizzando l'attualità. Anzitutto è da segnalare lo spostamento del baricentro del cristianesimo dall'Europa e dall'America settentrionale verso l'Africa, l'America centro-meridionale e in parte l'Asia, fenomeno che apre prospettive del tutto inedite sul piano istituzionale, culturale e liturgico. Inoltre, soprattutto in Europa (anche quella orientale), la diffusione, più che dell'ateismo militante, di forme di indifferentismo religioso o di sincretismo individualistico che hanno intaccato la base stessa dei "fedeli" pone crescenti problemi alle Chiese cristiane. Ancora più grave appare la sfida costituita dalla diffusione di sette di vario genere, talvolta basate anche su una rielaborazione di elementi cristiani, oltre che delle religioni orientali. Né può essere trascurato il peso assunto dai fondamentalismi religiosi, a cominciare da quello islamico, ma presenti pure nel cristianesimo soprattutto nordamericano. È con questi temi che il dialogo interreligioso si deve confrontare.
Imponente è lo sforzo oggi compiuto dal cristianesimo per la difesa dei diritti umani. Preti, pastori, religiosi e laici di ogni confessione sono stati attivi su questo fronte, trovando sia riconoscimenti internazionali (per esempio, i premi Nobel per la pace Albert Schweitzer, luterano; Martin Luther King, pastore battista; madre Teresa di Calcutta; il vescovo anglicano sudafricano, Desmond Tutu; il vescovo cattolico di Timor Ximenes Belo), sia persecuzioni e martiri (monsignor Romero in Salvador ecc.). Su questo piano non può essere sottovalutata l'importanza del pontificato di papa Giovanni Paolo II , di cui va ancora chiarito il ruolo avuto anche nel processo di dissoluzione dei regimi comunisti dell'Europa Orientale, evento che ha tra l'altro comportato per la Chiesa ortodossa la possibilità di una piena ripresa e capacità di attrazione. Alle soglie del 2000, pertanto, il cristianesimo continua malgrado i problemi citati a esercitare una forte attrazione su gran parte dell'umanità, fatto testimoniato dalla presenza in tutto il mondo di quasi due miliardi di cristiani.
[Giorgio Vecchio]