Scheda Approfondimento Pratiche Filosofiche
1. Definizione
La consulenza filosofica è la prestazione professionale di una consulenza da parte di un consulente esperto in filosofia a un consultante che liberamente e spontaneamente gliene fa richiesta.
La ‘prestazione professionale di una consulenza’
Ciò che viene offerto nella consulenza filosofica è un’attività consultiva, vale a dire il supporto di consigli, suggerimenti e orientamenti che aiutino il consultante a trovare strade per lui soddisfacenti per affrontare ed elaborare in modo positivo i problemi che egli stesso pone. Ciò esclude che la consulenza si trasformi in attività terapeutica o normativa: essa, cioè, non è mai diretta a curare e guarire malattie fisiche o psichiche del consultante né a persuaderlo di ideologie o dottrine filosofiche, religiose, morali o di altro tipo.
Tale consulenza viene prestata in forma ‘professionale’. Ciò implica:
a) che il consulente abbia una competenza specifica da offrire al consultante e si attenga a questa;
b) che il consulente mantenga nei confronti del consultante un rapporto professionale, cioè che metta pienamente e lealmente a disposizione del consultante la propria intera competenza specifica e che, d’altra parte, non acceda ad ambiti di relazione estranei a quella professionale (magisteriale, terapeutica, amicale, ecc.). Per questo motivo è necessario che tra il consulente e il consultante non intercorrano rapporti parentali o amicali preesistenti;
c) che il consultante non si attenda dal consulente altre prestazioni o disponibilità se non quella professionale. Questa condizione, che riguarda il consultante, non potrà tuttavia essere richiesta a lui, ma rientra anch’essa nelle responsabilità professionali del consulente, il quale dovrà in ogni momento preservare nel consultante la chiarezza sulla natura del rapporto, anche quando il consultante inclini a trasformarla.
Il ‘consulente esperto in filosofia’
La competenza specifica del consulente, nella consulenza filosofica, consiste nel suo carattere di «esperto in filosofia», che gli deriva dall’aver compiuto un approfondito percorso di formazione nelle discipline filosofiche a livello superiore, che normalmente possiamo individuare nel conseguimento di una laurea in Filosofia presso un’Università pubblicamente riconosciuta. Ovviamente il titolo di laurea non è di per sé garanzia della qualità della formazione filosofica di un esperto in filosofia, ma, conformemente a quanto avviene in generale nelle professioni, può essere considerata come un criterio oggettivo normalmente valido. Il consulente dovrà anche aver compiuto un percorso di formazione specifica alla professione, che gli permetta di aggiungere alle sue conoscenze filosofiche la consapevolezza degli obiettivi, delle condizioni e dei metodi per l’esercizio specifico della professione. Il consulente filosofico dovrà inoltre applicarsi ad un’attività di studio e di formazione continua durante l’esercizio della sua professione e sottoporsi ad un periodico esame critico di controllo di esso con l’aiuto di persone legittimate a questa funzione.
Il consulente è definito «esperto in filosofia» e non «filosofo» per le seguenti considerazioni. In primo luogo il termine «filosofo» è di difficile ed ambigua determinazione e, di fatto, nella storia della cultura non si è mai individuato un filosofo a partire da una definizione della filosofia, ma, al contrario, si è considerato come «filosofia», in modo assai vago, il pensiero di coloro che venivano considerati filosofi. In secondo luogo, la competenza specifica del consulente filosofico non consiste nella sua capacità di elaborare dottrine filosofiche da offrire al consultante, ma piuttosto nella sua conoscenza di dottrine, metodi e strumenti filosofici, storicamente comprovati, da mettere a disposizione del consultante perché questi ne possa usufruire nella propria elaborazione dei problemi.
Il ‘consultante che liberamente e spontaneamente gliene fa richiesta’
La condizione preliminare e necessaria perché avvenga una consulenza filosofica è che il consultante si rivolga al consulente: in nessun caso un consulente filosofico può esercitare la sua professione nei confronti di persone che non ne abbiano fatta libera e spontanea richiesta. Per questo motivo il consultante dovrà essere persona maggiorenne e in grado di esprimere liberamente la sua volontà. Non si può escludere a priori la possibilità della prestazione della consulenza filosofica nei confronti dei minori, nel qual caso però esso si configurerebbe come attività pedagogica: tale destinazione particolare, però, se possibile, esigerebbe una configurazione del tutto specifica, che richiederebbe una approfondita elaborazione successiva: in queste pagine non sarà presa in considerazione. Il consultante può essere una persona individuale o collettiva (gruppi, comunità, società), ma anche in questo secondo caso l’iniziativa della consulenza deve provenire dal consultante. Nel caso che la consulenza avvenga nei confronti di individui per iniziativa di persone collettive di cui essi fanno parte (per esempio, consulenza a membri di una comunità scolastica, dipendenti di un’azienda, ecc.), l’individuo interessato dovrà essere completamente informato della consulenza in cui viene coinvolto e esplicitamente consenziente. La libertà del consultante dovrà essere non solo completa nella sostanza, ma anche esplicita e diretta nella forma; la sua spontaneità dovrà essere anch’essa completa nella sostanza, anche se nella forma potrà, in alcuni casi, non essere esplicita nella fase iniziale (per esempio nel caso di consultanti indotti dalla propria famiglia o dalla scuola o dall’azienda da cui dipendono): anche in questi casi, però, il consulente dovrà accertare che il consultante aderisca spontaneamente allo svolgimento della consulenza. È importante che la libertà e la spontaneità dell’adesione del consultante, non solo esistano nella scelta di richiedere la consulenza, ma persistano durante tutto lo svolgimento della consulenza stessa. Ciò implica: a) che in qualsiasi momento della consulenza il consultante è libero di abbandonarla e che il consulente sarà tenuto a rispettare tale decisione e a non fare alcuna pressione per modificarla; b) che in qualsiasi momento della consulenza il consulente dovrà evitare, in modo vigile e consapevole, che le modalità e i metodi che egli usa esercitino un effetto di fascino e di condizionamento sulla libertà del consultante in ordine al proseguimento o meno della consulenza stessa.
Dati i caratteri definitori della consulenza filosofica e le specifiche competenze del consulente filosofico, è evidente che non tutte le aspettative e le esigenze proposte dal consultante possono trovare legittima risposta nell’ambito della consulenza filosofica. Poiché non può ovviamente essere richiesto a priori al consultante di determinare e di selezionare le proprie aspettative ed esigenze, sarà compito iniziale del consulente: a) aiutare il consultante ad esplicitare in modo chiaro e relativamente esauriente le proprie esigenze; b) valutare la propria competenza professionale rispetto a dette esigenze e decidere se accettare la consulenza o proporre al consultante di rivolgersi in altre direzioni per trovare aiuto e sostegno. È chiaro che, nell’approccio iniziale, ambedue i punti a) e b) possono essere adempiuti solo in modo relativo e parziale: ciò implica che il consulente dovrà inizialmente affidarsi ad un giudizio di merito il più chiaro e approfondito possibile ma pur sempre relativo e che, nel corso della consulenza, alla luce di una comprensione più approfondita e articolata della situazione, egli possa correggere la sua valutazione iniziale.
Il problema qui sopra posto rimanda ancora una volta alla questione decisiva della determinazione dei caratteri della consulenza filosofica e della competenza specifica del consulente filosofico. Ancora in relazione a ciò, si pone il problema se ed eventualmente come, in alcuni determinati casi, il consulente filosofico possa decidere di collaborare con la propria competenza specifica e nei limiti di essa con altri specialisti (pedagoghi, psicoterapeuti, consulenti del lavoro, ecc.) in ordine ai problemi di un consultante: anche questa questione dipende evidentemente innanzitutto dalla definizione sopra indicata dei caratteri della consulenza filosofica e della competenza specifica del consulente filosofico. Dalle considerazioni fatte più sopra discende inoltre il problema, meno fondamentale e complesso: se la prima seduta, o comunque le sedute iniziali, della consulenza filosofica, dedicate soprattutto alla elucidazione del problema e alla valutazione da parte del consulente della propria competenza in merito, siano esse stesse già ‘sedute di consulenza filosofica’ o debbano essere considerate sedute preliminari. Questo problema emerge con particolare evidenza nel caso in cui, dopo le prime sedute, il consulente valuti la propria incompetenza e declini perciò la consulenza. La questione non è rilevante solo in ordine alla legittimità della richiesta di un compenso da parte del professionista per tali sedute, ma implica la valutazione del merito e del metodo di tali sedute iniziali. Evidentemente anche questo problema può essere discusso solo dopo aver affrontato in maniera esauriente il problema cruciale della determinazione della specificità della consulenza filosofica.
di Angelo Poma www.pratichefilosofiche.it
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