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Deleuze e Guattari
Gilles Deleuze nasce a Parigi nel 1925. Frequenta il Liceo Carnot e, dal 1944, l'Università della Sorbona. Si laurea in filosofia nel 1948. All'epoca conosce Michel Butor, Michel Tournier e François Châtelet. Fra i suoi insegnanti ricordiamo Ferdinand Alquié, studioso di Cartesio, Spinoza e Bergson; Jean Hyppolite, specialista su Hegel; Georges Canguilhem, docente altresì di Michel Foucault.

A quel periodo e ambiente Deleuze accenna in tono affettuoso e irriverente, con un apprezzamento per l'alternativa allora fornita da Jean-Paul Sartre, all'inizio dei Dialogues con Claire Parnet (trad. it. di G. Comolli, Conversazioni): "Io ho dunque cominciato con la storia della filosofia, nel periodo in cui essa ancora si imponeva. Non vedevo come potermene tirare fuori per conto mio. Non sopportavo Cartesio, i dualismi e il Cogito, né Hegel, le triadi e il lavoro del negativo. A quel tempo amavo degli autori che avevano l'aria di far parte della storia della filosofia, pur sfuggendone da un lato o da tutte le parti: Lucrezio, Spinoza, Hume, Nietzsche, Bergson".

A questi ultimi nonché a Leibniz, Rousseau e Kant, e alle nuove idee di Foucault, Klossowski o Châtelet, Deleuze dedicherà articoli su riviste e cicli di lezioni universitarie, singoli saggi o la cura di antologie di scritti.

Riguardo alla filosofia antica, al gradimento dell'epicureismo lucreziano e dello stoicismo si accompagna una volontà di rovesciamento concettuale della tradizione platonizzante. "Ma gli autori di cui mi sono occupato avevano tutti per me qualcosa in comune", aggiunge Deleuze in Signes et événements, intervista di Raymond Bellour e François Ewald (trad. it. di H. Giuli, Segni ed eventi, nell'antologia critica Il secolo deleuziano),

"E tutto tendeva verso la grande identità Spinoza-Nietzsche". Ivi, inoltre, si specificava un eccentrico punto di vista: "La storia della filosofia non deve ridire ciò che un filosofo dice, ma dire ciò che egli sottintendeva necessariamente, ciò che non diceva e che però è presente in quello che dice" (cfr. Lettre à un critique sévère).
 
Completano il quadro di formazione le letture critiche del marxismo, della psicoanalisi e dello strutturalismo, il tentativo di superare i quali informerà la produzione matura del nostro.

Nelle su citate conversazioni con C. Parnet, si legge in proposito questo provocatorio giudizio: "Si può anche dire oggi che la storia della filosofia è fallita e che lo Stato non ha più bisogno di una sanzione filosofica. Ma in quanto altri concorrenti ne hanno preso il posto. L'epistemologia ha sostituito la storia della filosofia. Il marxismo presiede a un giudizio della storia o a un tribunale del popolo che risultano anche più inquietanti degli altri. La psicanalisi si occupa sempre più della funzione pensiero e non si sposa senza motivo con la linguistica.

Questi sono i nuovi apparati di potere all'interno del pensiero stesso, e Marx, Freud, Saussure formano un singolare Repressore a tre teste, una lingua dominante maggiore".

Nel frattempo, dal 1948 al 1957 Deleuze ha insegnato filosofia in vari licei. Dal 1957 al 1960, è docente aggiunto di storia della filosofia alla Sorbona. A partire dal 1960, è ricercatore per il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica francese. Dal 1964 alla nomina nel 1969 a professore di filosofia all'Università di Vincennes/St. Denis, a fianco del maestro e amico Foucault, egli ha peraltro insegnato all'Università di Lione.
 
In quegli anni, vengono pubblicate sue opere basilari quali Différence et répétition e Logique du sens.
 
Dopo la storica rivolta studentesca e operaia del Maggio 1968, Deleuze si lega di amicizia allo psichiatra francese di formazione lacaniana Félix Guattari (1930-1992). Con lui, condivide un'esperienza di "antipsichiatria" nella clinica dello Chateau de La Borde presso Parigi (cfr. Capitalismo e schizofrenia, intervista di Vittorio Marchetti a Deleuze e Guattari in Tempi Moderni). I frutti della loro collaborazione saranno più lavori in comune.

Fra questi, L'Anti-Oedipe. Capitalisme et schizophrénie, tome 1, Mille plateaux. Capitalisme et schizophrenie, tome 2, Qu'est-ce que la philosophie?

Provato da una grave malattia, nel 1995 Deleuze si toglie la vita lanciandosi da una finestra della sua abitazione parigina.

Difficile giudicare se vada ricordato come "il filosofo del XX° secolo", secondo un iperbolico pronostico di Foucault. Certo, egli è stato uno dei protagonisti del rilancio della filosofia in epoca contemporanea. a cura di Pino Blasone Rivoluzionario della psicoanalisi, nomade del pensiero, bardo dell'Antiedipo.

Félix Guattari (1930-1992) Nato a Villeneuve-les-Sablons a pochi chilometri da Parigi e formatosi nella capitale, lavorò per circa quaran-tanni nella clinica psichiatrica d’avanguardia di La Borde da lui stesso fondata. Il contesto storico La sua opera più esplosiva e significativa "L’antiedipo", opera scritta a quattro mani col filosofo Gille Deleuze, nasce nel 1972, in quell’ ambiente post-sessantottesco, intriso di effervescente creatività, di speranze e di rivoluzione. "Gauchiste" dell’estrema sinistra, sposò nel suo pensiero critico psicoanalisi e marxismo.

Guattari, eterno ribelle, rimase imbrigliato anche in vicende politiche italiane riguardanti l’ Autonomia degli anni ’80 a causa della sua amicizia con Toni Negri, spesso era ospitato nelle assemblee del movimento italiano e fu molto attivo nel denunciare l’avanzata della "restaurazione" in Italia.
 
Ma sono cose di tanti anni fa. Mentre troviamo oggi più che mai stimolante la sua denuncia fondamentale: la critica all’Edipo e a tutto il lato riduzionistico della vita che la teoria freudiana implica. Il pensiero Psicoanalista e filosofo di frequentazione lacaniana, rappresentò negli anni ’70 insieme al filosofo Gille Deleuze un grosso punto di riferimento per quanti avvertivano i limiti e le strumentalizzazioni ideologiche a cui si prestava il pensiero freudiano. A proposito dell’Edipo così si esprimeva: "Non abbiamo assolutamente detto: "Edipo non esiste"; invece abbiamo detto: "Edipo esiste veramente".
 
Non sono gli psicoanalisti che inventano Edipo, sono piuttosto i nevrotici...diciamo che Edipo non è una formazione dell’inconscio. Edipo, qualunque uso se ne faccia è sempre una lezione di rassegnazione che ci dice RASSEGNATI A ESSERE MANCANTE DI CIO’ CHE DESIDERI (senz’altro è stato attribuito al desiderio un oggetto tale che sicuramente ne manchi) ".

Guattari rifiutò sempre di definire scienza la psicoanalisi. In essa egli, con Deleuze, ravvisava una pseudoscienza che, ammantata di sapere neutro, offriva i suoi favori in cambio di una conferma istituzionale e sociale, al nascente capitalismo. Favori che consistevano nel porsi essa quale strumento legittimante, come "naturali" e "normali", i rapporti umani prodotti dal contesto storico-economico.
 
"La psicoanalisi, sotto l’apparenza di una scienza, propone come norme insormon-tabili i procedimenti stessi della soggettivazione borghese; ossia il mito di una necessaria castrazione del desiderio, la sottomissione al triangolo edipico, un’interpretazione significante di ogni situazione che tenda a tagliarla dalle sue implicazioni sociali reali". Guattari riconosce nell’inconscio e nel metodo psicoanalitico, tendente a liberare la "parola isterica", le grandi scoperte essenziali e rivoluzionarie del pensiero freudiano.

"Ma tutta la storia della psicoanalisi è consistita nell’operare una nuova chiusura di queste scoperte e ha condotto a una misconoscenza della logica specifica del DESIDERIO".
 
"L’inconscio è del tutto positività, è una logica di flussi e di intensità che non sono determinati, controllati dalla rappresentazione (...) Si cosificano gli enunciati, il bambino vuole uccidere suo fratello, desidera la madre, è responsabile, è un criminale, è incestuoso: che lo sappia o no, il suo comportamento rientra nel campo della legge. Così tutti i poli (il bambino, il fratello, la madre) si sono cristallizzati nel campo della rappresentazione (...) . Tutta la realtà è compressa nel campo meccanicistico dei valori binari: il bene-il male, il ricco-il povero, l’utile-l’inutile, ecc.... Ma l’inconscio non conosce queste categorie binarie, non conosce nè l’amore nè l’odio, per esso tutto è possibile nello stesso tempo, gli enunciati possono portare in parecchie direzioni a un tempo. Tutta la genetica psicoanalitica conduce a considerare che, finchè un soggetto non è sottomesso a quel sistema dicotomico e manicheistico, non è normale (...) E’ dunque in partenza che la psicoanalisi ha condannato il DESIDERIO INCONSCIO. L’inconscio è ad essa apparso come qualcosa di bestiale, di pericoloso (..) L’energia libidica deve convertirsi nel sistema manicheistico dei valori dominanti, deve investire le rappresentazioni normali."

Il suo linguaggio, come del resto quello di tutta l’area lacaniana, è secondo noi insufficiente a soddisfare il "sacro bisogno di Simbolo", il quale, proprio perchè negato e rimosso dagli intellettuali cosiddetti di sinistra, (essi stessi preda del funzionamento dicotomico) , è stato sempre e solo "demonizzato" e consegnato all’idealismo più deleterio. Ciononostante non si può non riconoscere la modernità di un pensiero basato su interconnessioni multiple e simultanee:
 
"L’idea di un con-catenamento collettivo, di un investimento collettivo della libido su parti del corpo, su gruppi di individui, costellazioni di oggetti e di intensità, su macchine d’ogni specie farebbe uscire il desiderio da questa oscillazione tra il triangolo edipico e il suo crollo nella pulsione di morte per aprirlo su molteplicità sempre più larghe, sempre più aperte al campo sociale".

Al di là del suo pensiero specifico insieme a Marco D’Eramo "ci dava sicurezza saperlo lì a Parigi, a San Francisco, in giro per il mondo, in giro per le idee, non domo". Concludiamo con una frase di Felix in cui ci piace riconoscerci: "Abbiamo scritto l’ANTIEDIPO in due. Siccome ognuno di noi era parecchi, faceva già molta gente".