Se sappiamo tutti che la gravidanza serena gioiosa in una donna sana non dà disturbi anzi fa fiorire la donna stessa (e in questo caso dimentichiamo il versetto biblico "moltiplicherò le pene della tua gravidanza"), parlare di parto fisiologico e dire che è indolore può far sorgere per lo meno un dubbio. Sentiamo infatti sempre descrivere il parto come evento doloroso, anche se a volte incontriamo contadine che asseriscono di "preferire fare un figlio al farsi cavare un dente" o addirittura che smettono di fare il bucato, partoriscono e riprendono le loro faccende.
Il parto dovrebbe avvenire con semplicità, senza dolore in quanto funzione fisiologica, come avviene presso i popoli primitivi o presso gli animali liberi [1].
Ma allora perché si soffre?
Forse dietro di noi - anche di noi medici - c'è una preparazione errata e una tradizione di dolore che origina dalla patologia per estendersi alla fisiologia. Non dimentichiamo che Esculapio stesso è nato da un taglio praticato sull'addome con conseguente morte della madre: il cesareo senza perdita della donna è conquista dell'ultimo secolo. I parti con complicazioni fino al secolo scorso erano molto traumatizzanti sia per la madre che per il bambino e spesso finivano con la morte dell'uno e dell'altra: un simile evento veniva conosciuto non solo dai vicini ma da tutto il paese. Il padre che aspettava magari un nuovo bambino restava senza la moglie, con gli altri figli: nessuno poteva rimanere insensibile davanti ad un tale dramma. Immaginiamo come poteva viverlo una donna incinta! Ancora oggi a confortarci interviene sempre la madre o una parente o un'amica con il suo "se sapessi quanto ho sofferto io; ma vedrai, tutto passa!". Se si aggiunge poi il versetto biblico "partorirai con dolore" si può comprendere come la donna attendesse la sua ora.
L'ostetricia ha fatto nell'ultimo secolo grandi passi e la donna non affronta quasi più questo momento in casa sua ma si ricovera, anche per poter meglio soccorrere il bambino in caso di necessità. In ambiente ospedaliero la donna, anche se perde del calore familiare, riceve tutte le cure che le sono necessarie e il dolore stesso può essere vinto con l'anestesia con l'ipnosi o l'agopuntura.
Parlando di parto fisiologico io non mi riferisco a queste tecniche per diminuire il dolore poiché sono sempre un intervento del medico, ma ad un nuovo modo di partorire dove la donna, ben cosciente di dover fare uno sforzo, il più grande sforzo della sua vita, "la sua ora", come un'atleta ad una prova massima, è tutta impegnata ad assecondare il lavoro del suo utero. Intendo parlare qui del parto psicoprofilattico (o parto con la respirazione o con la ginnastica come a volte si dice) o naturale come lo chiamano i francesi.
La donna ha bisogno della presenza dello sposo durante il parto e che non è giusto, soprattutto, che la coppia sia defraudata di una simile esperienza. Veder nascere il proprio figlio è un diritto che l'uomo ha e nessuna legge ospedaliera dovrebbe opporsi: si tratterà di preparare anche l'uomo ma un giorno si arriverà anche in Italia ad "invitare" il marito in sala parto, come si fa in alcuni Paesi. Questo se non vogliamo restare indietro di cinquant'anni rispetto ad altre nazioni. Tanto più che l'Italia fu una delle prime a realizzare il parto nuovo, dopo l'Inghilterra dove il ginecologo G. Read aveva incominciato nel 1933, la Russia con il Nikolaiev che divulgò talmente il nuovo modo di partorire da essere reso obbligatorio presso le Maternità di Stato e la Francia che grazie a M. Mayer iniziò chiamandolo "parto naturale". Il merito in Italia va al dr. Mario Cornali che, dopo aver imparato a Parigi, organizzò nel 1954, con l'aiuto del prof. Malcovati e l'intelligente assistenza di una ostetrica, sorella Pianta, all'ospedale Principessa Jolanda il primo centro pilota seguito poi da altri in varie città italiane.
Una delle prime donne che partorì col dott. Cornali descrisse in una lettera ciò che aveva provato e questa lettera, che ora riporto perché sempre utile, per anni fu letta al corso preparatorio dello stesso ospedale.
"È bello partorire.
Leggo nel mattutino e nel vespro: "Maria contempla estatica del mondo il Creatore dal seno Suo procedere, da Lei nel mondo uscir."
E sono tutta un inno di ringraziamento. C'è voluta una quarta bambina perché io divenissi veramente mamma, c'è voluto questo parto perché anch'io potessi pensare: "Contemplo estatica una creatura procedere dal mio seno, da me nel mondo uscir". Ecco ciò che ho sentito in quei pochi minuti di parto. La sensazione di qualcosa che sfugge dal mio grembo, di un essere che esce da me, quasi altra me stessa, per vivere una nuova vita. E la gioia di dire: io sola l'ho fatta nascere (mi perdoni il medico e l'ostetrica).
Se ripenso alle ore precedenti, se ripenso al marito che stanco dormiva accanto a me profondamente, vorrei gridare alle donne: Abbiate un figlio solo per provare l'esclusività del parto. Non è entusiasmo. Tutto è calcolato, soppesato nei minimi particolari. Finalmente posso dire agli uomini: Una gioia non proverete mai: partorire. Una superiorità che la donna ha finalmente su di voi. Non rida dottore, ma ho avuto l'idea netta, chiara che il partorire è una faccenda nostra, un compito nostro come il disporre dei fiori in un vaso o il preparare una minestra calda. Un privilegio nostro al quale non vorrei mai rinunciare. Ed ora mi sto godendo alcuni giorni di pace, di riposo, di vacanza.
Faccia quel che vuole di questa lettera ma sarei lieta che la leggesse giù al corso: forse potrà servire a qualcuna. Pensando a questo mi permetta di ripetere qualche riflessione. Alle prime contrazioni non vi preoccupate se non riuscite a far bene la respirazione ed il rilassamento: sono contrazioni brevi con intervalli magari lunghi. Approfittate per allenarvi e riposate. Poi quando diverranno frequenti, ricordatevi che la mia bambina è più bella perché è rosa. Chiudereste la bocca e il naso al vostro bambino fino a farlo divenire rosso magari blu solo perché vi importuna mentre avete un atroce mal di capo? Il dottore ha detto che gli Americani attribuiscono varie malattie alle sofferenze provate dal bimbo durante il travaglio. Noi non ci crediamo, però può fare bene pensarlo quando le contrazioni si fanno più frequenti.
Troverete che il letto di gomma non vi aiuta molto mentre respirate, se ne andrà un po' per conto suo... beh qui arrangiatevi come potete, al prossimo parto gli ostetrici ci avranno fornito di un letto speciale!
Così vi sarà qualcuno che vi farà una domanda gentile proprio quando c'è una contrazione e state respirando. In questo caso ... fate le maleducate e non rispondete. Avrete tempo dopo, altrimenti ... tanto peggio. Non abbiamo un bel cartello su di noi con scritto "partorisco col metodo".
La vicinanza del marito? Checché ne dica il dottore io la trovo favorevole (non so che ne sia della mamma, ma se questa è intelligente e segue l'esperienza della figlia con interesse penso possa pure essere favorevole). L'avere qualcuno accanto che sappia che cosa state facendo, che interrompa il discorso quando voi fate silenzio e non lo guardate, che segua magari il vostro respiro e vi dica ecco il grafico della tua contrazione, una punta... una punta e poi un'altra... Non tutte le contrazioni infatti sono simili (non lo sapevo prima). Si possono fare dei bei disegni, magari un paio di colline con in mezzo il Cervino o il Monte Rosa. Potete poi discutere e vedere se siete state brave o no.
Respirazione e contrazione: il binario sul corpo che riposa.
È essenziale e facile. Direi che, sentita la contrazione, subito rilassate e abbandonate al corpo che vi sostiene (di giorno ero sulla sdraio o in piedi appoggiata al muro) diviene istintiva la respirazione con la cupola del diaframma. (Perdoni dottore, insisto su questo perché a ginnastica la signorina diceva "respirate in gola" ed io che seguivo alla lettera contraevo il diaframma e mi sforzavo di fare una respirazione più alta possibile all'apice del polmone, faticosa, irregolare che mi lasciava stanchezza oltre che al diaframma anche ai grandi dorsali. Per questa ragione non riuscendo a seguirla mi scoraggiai. Vi sono andata due sole volte infatti. Ciò che mi aiutò e mi fece capire che forse io non avevo ben inteso la signorina era la storia dell'uomo delle caverne col diaframma robusto che ora hanno solo i cantanti e la vista della sua mano piegata con le dita fluttuanti.)
È lo sfuggire di una parte del corpo, e solo di quella!, a qualcosa il cui contatto provoca dolore.
Quando le contrazioni saranno lunghe fatevi dare ... un panno che vedrete resterà quasi asciutto. Il pensiero di poter fare liberamente senza lasciare tracce sul letto vi aiuterà a rilassare il perineo. Allora sentirete qualcosa che si dilata, avrete una sensazione piacevole come è piacevole lo svuotamento di una vescica tenuta troppo a lungo piena, una sensazione di liberazione, l'impressione che qualcosa all'interno venga ad occupare questo nuovo spazio e la contrazione che finisce quasi subito.
Se è notte dormite tra una contrazione e l'altra. Non so come vada con un sonnifero poiché io non ne avevo bisogno: il rilassamento mi faceva subito prendere sonno. Se è giorno riposate lo stesso: la contrazione vi sveglierà. Sentirete qualcosa all'utero. Rilassatevi. Respirate bene.
Quella sensazione è una contrazione e solo una contrazione come per qualsiasi altro muscolo. Se non respirate, se vi abbandonate a partorire come tutte le altre donne, quella sensazione sarà un dolore che vi farà torcere sul letto.
In sala parto fanno piacere le calze di lana, avrei gradito due cuscini pure di lana ai reni (li ho sostituiti con la camicia).
Le sarei stata grata dottore se mi avesse parlato prima del brivido: era ciò che più di tutto mi impressionava, più ancora della sua faccia. Non ricordo infatti nulla degli altri due parti. Solo che il primo ebbi l'anestesia totale alla fine e lo trovai bestiale, il secondo - gemellare - fu doloroso e laborioso. Questo prova che non erano fatti bene, non secondo natura. Parto naturale, aggettivo esatto. Così infatti penso partoriscano gli animali.
Le nostre gambe sono rilassate. Ma questa è la posizione naturale istintiva di quella parte del corpo, solo lavora il nostro diaframma, il nostro collo e le nostre braccia. Dico lavora ed è esatto: spingono qualcosa lontano da noi come un carrello un po' pesante.
Ma i nostri polmoni sono pieni d'aria, abbiamo un'impressione di benessere, confrontato all'avambraccio del medico che premeva una volta sul nostro ventre.
Siamo conscie di ciò che facciamo, comprendiamo che quello e non un altro movimento dobbiamo fare, che se sbagliamo - come feci io una volta - le "carognette siamo noi".
L'ostetrica mi disse "si vedono i capelli ma non il sesso" e ciò è carino, ci sta bene. Si può chiacchierare e scherzare, sinceramente. Un'attimo solo ho avuto l'impressione brutta quasi disperata, di non saper che fare, l'ultimo istante: un bruciore che non mi spiego (alcool sui guanti dell'ostetrica?) pochissimi secondi in cui l'ostetrica, penso, liberasse la testa del bambino. Ed io ero seduta ad aspettare di vedere la piccola.
"Fagliela vedere" diceva il medico. "Un momento", c'era il cordone da sistemare, pensai.
"È rosa!" e ho osservato per la prima volta la vernice caseosa con un certo interesse.
Quando l'infermiera mi mise vicino al volto il piccolo viso non lo baciai, per igiene, ma ne avevo tanta voglia. Fui paga di avere la mia guancia contro la sua.
E fu una grande gioia. Non era l'essere che mi aveva fatto soffrire, per la prima volta era la mia bambina che aveva lavorato con me.
Grazie dottore.